Massimario di Giurisprudenza del LavoroISSN 0025-4959
G. Giappichelli Editore

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Nuovi modelli di protezione sociale fra istanze risalenti e pretese recenti: profili di criticità e problemi di finanziamento (di Pasquale Sandulli)


Il saggio affronta i nuovi istituti del sistema di protezione sociale introdotti dal decreto legge n. 4/2019 e la legge conv. n. 26/2019: reddito di cittadinanza e quota 100. Precede uno sguardo essenziale alle più recenti vicende assistenziali e pensionistiche, per definirne il grado di discontinuità: nonostante ogni diversa affermazione, si tratta di soluzioni che affondano nel passato le loro radici. Ciò sia per il reddito di cittadinanza, che – finalizzato ad un obiettivo condividibile e variamente realizzato in altri Paesi viciniori – costituisce una evoluzione del reddito di inclusione, seppure con misure ben più consistenti, accompagnate da un apparato amministrativo imponente quanto seriamente esposto a rischio di fragilità; sia per quota 100, che secondo il programma da “contratto” avrebbe dovuto essere la punta di diamante di un superamento in via generale delle precedenti riforme, e rischia di costituire semplicemente un’eccezione in un percorso di lungo periodo, nel quale soluzioni anticipatorie del trattamento pensionistico sono state già adottate, ma solo in ragione di condizioni particolari di bisogno.

Vengono poi esaminati i profili di compatibilità costituzionale delle scelte, avendo attenzione anche alle misura di contenimento presenti nella legge di bilancio per il 2019, n. 145/18, nonché la questione dei profili di compatibilità economico/finanziaria anche in una dimensione europea. Le vicende intervenute fra la prima stesura del saggio e la pubblicazione ha richiesto di individuare le possibili linee di sviluppo.

New models of social protection: critical profiles and financing problems

The essay regards the new institutions of the social protection system introduced by d.l. n. 4/2019 and law n. 26/2019: citizenship income and quote 100. Before an essential look at the most recent welfare and pension events to define the degree of discontinuity. This is due to the citizenship income, which – aimed at a shared goal and achieved in other neighboring countries – constitutes an evolution of the income of inclusion, albeit with far more substantial measures, accompanied by an impressive administrative apparatus as seriously exposed to the risk of fragility; both for quote 100, which according to the “contract” program should have been the spearhead of a general overcoming of the previous reforms, and risks being simply an exception in a long-term period, in which anticipatory solutions of the pension treatment have already been adopted, but only because of particular conditions of need.

The profiles of the constitutional compatibility of the choices are then examined, paying attention also to the containment measures in the budget law for 2019, n. 145/18, as well as the issue of economic / financial compatibility profiles even in a European dimension. The events that occurred between the first draft of the essay and the publication required identifying the possible lines of development.

Keywords: Citizenship income – quote 100 – system compatibility – profiles of constitutionality – economic sustainability – perspectives.

SOMMARIO:

1. Uno sguardo al recente passato - 2. Le opzioni di sistema, fra assistenza, inclusione e pensioni - 3. Le linee del reddito di cittadinanza - 4. Nuovi requisiti di accesso alle pensioni: quota 100 e dintorni - 5. Le riforme fra vecchi e nuovi parametri di costituzionalità - 6. Della sostenibilità economica delle nuove misure - NOTE


1. Uno sguardo al recente passato

In una significativa dichiarazione del Ministro del Lavoro pro-tempore all’esito della conversione in legge del decreto legge n. 201/2011, si affermava che il regime pensionistico di vecchiaia doveva considerarsi una partita chiusa [1]: questo sul presupposto che fosse oramai superata la fase transitoria di residua operatività dell’accumulazione di anzianità in regime a prestazione definita di tipo retributivo, essendo stato già da prima blindato il meccanismo di implementazione dell’età pensionabile [2] – dal quale si era addirittura cercato di ricavare l’ulteriore effetto di protrazione della tutela dal licenziamento del rapporto di lavoro sulla base di una mera potestà del lavoratore [3] – cosicché non si dovessero più disporre ulteriori modifiche del sistema. Un sistema riveniente, notoriamente, dalla legge n. 335/1995, nella quale campeggiava – ad essenziale integrazione del sistema di calcolo contributivo [4] – la formula della rivalutazione dei montanti individuali mediante capitalizzazione secondo un tasso automaticamente correlato alle variazioni del PIL, immaginato ottimisticamente sempre in crescita, e che a distanza di circa venti anni avrebbe rivelato la sua fragilità, costringendo alla immediata adozione di norme correttive [5]. Così come altre correzioni si sarebbero rese necessarie: alcune addirittura fin da subito, nell’ambito della stessa legge di conversione, mediante l’introduzione di meccanismi volti ad attenuare l’effetto della immediata elevazione dell’età pensionabile, in particolare per le donne, per talune classi di età (art. 15 bis come da legge di conversione n. 214/2011), altre destinate a prolungarsi nel tempo attraverso reiterate proroghe, come nel caso dei c.d. “salvaguardati” [6]. Nonostante le affermazioni di definitività del sistema, lo stesso decreto legge n. 201/2011 ospitava due variabili temporanee funzionali al contenimento della spesa pensionistica, entrambe risalenti a precedenti leggi, ma severamente inasprite nel­l’occasione – quali l’azzeramento della perequazione delle quote elevate di pensione e l’introduzione di un terzo scaglione delle pensioni c.d. “d’oro” sul quale far gravare una più consistente contribuzione di solidarietà [continua ..]


2. Le opzioni di sistema, fra assistenza, inclusione e pensioni

Questa, che è poco più di una cronaca ragionata, serve ad introdurre la riflessione sui nuovi meccanismi di protezione sociale quali identificati dal nuovo governo, per valutarne la effettiva portata innovativa, sia sotto il profilo qualitativo sia sotto quello quantitativo, in vista cioè dell’impatto finanziario e dunque della sostenibilità economica – sul punto vedi l’ultimo paragrafo –, che non può essere assunto come mero fattore di ostacolo alla realizzazione di una equilibrata (re)distribuzione delle risorse nel territorio: è il tema che con suggestiva immagine viene proposto come quello dei “diritti sociali finanziariamente condizionati” [17], in potenziale contrasto con la loro qualificazione come diritti di pretesa, per di più irrinunciabili, inalienabili, indisponibili, intrasmissibili e inviolabili [18]. Come da contratto [19] fra le forze del governo gialloverde, al centro delle scelte di politica legislativa si collocano il tema del reddito di cittadinanza e quello della manovra pensionistica. Si tratta di scelte che impongono la ricerca del loro fondamento costituzionale [20], ravvivando il già acceso dibattito sulla permanenza dei primi due commi dell’art. 38 Cost. [21], secondo una scansione risalente della giurisprudenza costituzionale [22], cui pure qui si ritiene che debba riferirsi l’intervento legislativo di cui al decreto legge n. 4/2019 – prescindendo per ora dal profilo, anche esso di rilevanza costituzionale, della sostenibilità economica alla luce dell’art. 81, comma 4, Cost. –: in particolare, il RdC si rapporta al comma 1 – seppur con qualche forzatura interpretativa e comunque con significative connessioni con il principio di solidarietà, posta la pregnanza della risalente espressione “inabili al lavoro”, e comunque nel contesto del principio di solidarietà [23] – mentre quota 100 e dintorni si rapporta al comma 2 dell’art. 38 Cost. (nel quale risulta da tempo acquisita l’espansione della categoria “disoccupazione involontaria” fino a comprendere la inoccupazione). Entrambi i commi, fra loro intrecciati, richiedono una lettura aggiornata in ragione della evoluzione della società civile, specialmente nelle sue componenti sociali ed economiche, ed in una sempre più stretta [continua ..]


3. Le linee del reddito di cittadinanza

La originaria intenzione delle norme sul reddito di cittadinanza, che occupano l’intero capo primo del decreto legge n. 4/2019 [26], ha finito per deviare – grazie ad un variegato uso del criterio di condizionalità – verso la prevalente direzione di strumento per l’incentivazione dell’occupazione, caratterizzato – per le persone al disotto dei 67 anni [27] – dai seguenti, essenziali profili: a) dalla stipulazione del patto per il lavoro ovvero del patto per l’inclusione sociale [28], l’uno e l’altro concorrenti alla definizione dei livelli essenziali dell’assisten­za ex art. 117, comma 2, lett. m), Cost. [29] L’uno e l’altro patto costituiscono momento centrale della nuova prestazione in quanto introduttivi del rispettivo percorso, nonché costitutivi dei vincoli per i beneficiari e correlati diritti, ed infine regolativi del comportamento secondo criteri di buona fede e correttezza, comunque suscettibili di verifica ed accertamento; alla formale distinzione fra i due modelli di patto (art. 4, comma 12), si aggiunge talvolta una qualche sovrapposizione delle rispettive componenti (art. 4, comma 13, ult. periodo); b) nel presupposto della accertata condizione di bisogno economico e sociale del­l’individuo e/o familiare, sintetizzabile in termini economici nella prova dei mezzi essenzialmente attraverso lo strumento dell’ISEE [30], da una condizionalità graduale attraverso sia la predisposizione di un progetto personalizzato di formazione e di coinvolgimento in progetti di utilità locale, secondo un modello che evoca la figura dei “lavori socialmente utili” [31]; si tratta di una formulazione più raffinata in quanto orientata dalla ricerca di una coerenza con la professionalità dei soggetti interessati, e comunque con una utilizzazione temporalmente delimitata (otto ore settimanali, elevabili liberamente a sedici: art. 4, comma 15). Il tutto in una visione che muove dalla dimensione individuale dell’intervento assistenziale, nonostante l’adozione di criteri correttivi, che – attraverso il meccanismo dei moltiplicatori – spiegano alcuni importanti emendamenti volti ad una maggiore protezione del nucleo familiare; c) dall’essenziale sottoposizione all’onere di accettazione di congrua offerta [continua ..]


4. Nuovi requisiti di accesso alle pensioni: quota 100 e dintorni

Quanto al secondo intervento, in tema di pensioni [42], gli annunci di radicale revisione (smantellamento) della legge Fornero [43] si sono concretati (cfr. Capo II del decreto legge n. 4/2019) essenzialmente in ipotesi di interventi integrativi delle nor­me sull’anticipato – rispetto all’età pensionabile – accesso al trattamento pensionistico per effetto della combinazione fra l’addendo età anagrafica minima di 62 anni e l’anzianità contributiva minima di 38 anni ai fini del raggiungimento della c.d. quota 100, con l’esclusione di altre possibili sommatorie aventi per risultato 100. Non va sottovalutata la circostanza che con l’estensione agli ultraquarantacinquenni della facoltà agevolata di riscatto della laurea (per abbattimento al 33% della contribuzione prevista normalmente, con vantaggio fiscale pari al 50% dell’importo del riscatto stesso) si determinano situazioni ulteriori di vero e proprio privilegio per l’ac­quisizione accelerata della pensione anticipata. La misura, sperimentale e transitoria, lascia inalterato il meccanismo di determinazione dell’età pensionabile ordinaria, che continua a restare periodicamente adeguata alle variazioni della speranza di vita, salva a) la neutralizzazione del meccanismo disposto fino alla fine del 2026 nella riregolazione della pensione anticipata di cui al comma 10, art. 24, decreto legge n. 201/2011(art. 15, comma 1) [44], e b) l’abrogazione del meccanismo stesso di adeguamento, in favore dei lavoratori precoci (art. 17). Restano altresì fermi i riferimenti, vecchi e nuovi, per l’accesso alle prestazioni pensionistiche di base – e dunque anche di quelle di secondo livello, peraltro già fortemente incise dalla disciplina della RITA [45] – così come, a mo’ di corollario, anche i risalenti meccanismi (art. 11, legge n. 604/1966) di collegamento della libera licenziabilità al raggiungimento dei requisiti per il pensionamento e quelli più recenti di prolungamento del rapporto oltre l’età pensionabile (art. 24, comma 4 decreto legge n. 201/2011), secondo il criterio opzionale, purché concordate con il datore di lavoro (cfr. nota 3). Queste prime battute consentono di rilevare che si tratta, a ben guardare, di un intervento a gamba tesa, con intenti [continua ..]


5. Le riforme fra vecchi e nuovi parametri di costituzionalità

Nella prospettiva, comune a tutte le altre riforme in materia, di un vaglio di costituzionalità delle riferite innovazioni, tanto più impegnativo ora in quanto molto profonde, la distinzione di più immediata percezione secondo il senso comune sta nella classificazione fra innovazioni migliorative ed innovazioni peggiorative del livello delle prestazioni: ovviamente, l’indicato apprezzamento è tale nella prospettiva del destinatario delle prestazioni stesse ed inevitabilmente si ribalta dal punto di vista del soggetto erogatore. Ancora una volta conviene attingere indicazioni dal passato, dal quale immediatamente si rileva come, in coerenza con l’andamento economico-produttivo del Paese, la linea del miglioramento delle prestazioni ha caratterizzato il sistema previdenziale pensionistico italiano fino alla fine degli anni 80; di certo, anche in quel periodo si sono poste significative questioni di costituzionalità, ma in termini di valutazione delle nuove disposizioni dal punto di vista del rispetto del principio di uguaglianza, sia nelle sue applicazioni dirette sia in quelle indirette, oltre che nei termini di ragionevolezza e coerenza delle situazioni normate. Nello stesso periodo non si sono poste questioni riferite alla copertura delle spese, secondo la formulazione originaria dell’art. 81, comma 4 Cost.; anzi, si sono addirittura registrate situazioni in cui l’applicazione del principio di parità ha costituito il presupposto per una dilatazione della spesa pensionistica [58], senza che neppure la Corte si ponesse la questione della relativa copertura. Solo dal 1991 la Corte Costituzionale ha dato sistematico ingresso, nelle sue valutazioni, al criterio di compatibilità economica, in sostanziale, e forse non casuale, coincidenza con i primi segnali di crisi del sistema produttivo e con la nuova linea riformistica del legislatore in tema di pensioni. Una linea, dunque, che punta – dal 1992 con qualche titubanza, poi via via con maggior decisione – ad un articolato contenimento, oltre che razionalizzazione ed universalizzazione, del sistema pensionistico. L’inversione di tendenza ha scontato fin da subito un diverso, più severo approccio della Corte Costituzionale nelle verifiche delle innovazioni, appunto quelle peggiorative, del nuovo corso, che trova il suo punto più alto nella sentenza n. 2/1994 (replicata [continua ..]


6. Della sostenibilità economica delle nuove misure

Sullo sfondo, ma non troppo arretrato, delle nuove misure di protezione sociale sta la segnalata questione della loro sostenibilità economica, che non può essere sottovalutata e men che meno compressa, pur nella consapevolezza della necessità di uno sforzo di più equa distribuzione delle risorse: si tratta di una esigenza che, con tante perplessità, prorompe dall’approccio dell’Unione europea nel rilancio del tema della protezione sociale [65]. Essa comunque si pone, nel nostro ordinamento, in termini – almeno finora – di­versi con riferimento alle forme assistenziali, per definizione non contributive, rispetto alle forme previdenziali, tuttora caratterizzate da un regime di finanziamento su base contributiva, seppure si tratti di prestazioni ancora, alcune totalmente e altre solo parzialmente, erogate in regime di prestazione definita. Per la verità, sta nel­l’impianto stesso del capo secondo del decreto n. 4/2019, e soprattutto nella costituzione del fondo di cui alla legge n. 145/2018, art. 1, comma 256, la pragmatica risoluzione del finanziamento erariale, anzi “a debito”, delle nuove prestazioni pensionistiche, in evidente assenza di una copertura contributiva, non certo a capitalizzazione e nemmeno a ripartizione: dunque, inevitabilmente al di fuori degli schemi consueti, ancorché significativamente modificati da interventi ex post di ripianamento dei bilanci degli enti di previdenza, o direttamente a sostegno di precedenti misure temporanee a sostegno delle prestazioni pensionistiche [66]. Questa constatazione non impedisce comunque di riflettere qui, seppure in termini generali, sulla tradizionale tematica del finanziamento di tali prestazioni, comune sia alle prestazioni a (teorica) capitalizzazione individuale sia a quelle a prestazione definita. Nell’impianto dell’art. 38 Cost. non viene in diretta evidenza il tema del finanziamento, a fronte della nettezza con la quale vengono identificati i destinatari (tali i lavoratori tout court nella più ampia concezione possibile, quella stessa di cui al­l’art. 35, comma 1), gli eventi protetti (nella loro elencazione nominalmente rigida quanto contenutisticamente flessibile in ragione della necessità di tener conto delle modificazioni dei dati di riferimento: l’andamento demografico ed anagrafico, le [continua ..]


NOTE
Fascicolo 3 - 2019