Massimario di Giurisprudenza del LavoroISSN 0025-4959
G. Giappichelli Editore

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Il fatto materiale contestato deve essere anche illecito altrimenti si applica la tutela reale (di Giada Della Rocca, Ricercatrice di Diritto del lavoro – Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”)


La tutela reintegratoria attenuata trova applicazione non solo nel caso in cui il fatto non sia dimostrato nella sua materialità, ma altresì nel caso in cui, pur sussistente nella sua materialità, sia privo di quella connotazione di illiceità, offensività o antigiuridicità da renderne apprezzabile la rilevanza disciplinare.

Cass. civ., Sez. lav., ordinanza 2 novembre 2023, n. 30469 – Pres. L. Esposito – Rel. F. Panariello

L’ordinanza in commento, con la quale la Cassazione afferma che, anche dopo il Jobs Act, in caso di licenziamento disciplinare irrogato in presenza di un fatto materiale sussistente ma non disciplinarmente rilevante, il lavoratore ha diritto alla reintegrazione, offre l’occasione per tornare sul tema molto dibattuto della tutela reintegratoria in caso di insussistenza del fatto materiale prevista nel Jobs Act. Infatti, tale ordinanza si segnala per inserirsi in quel filone giurisprudenziale sorto e poi consolidatosi, a seguito dell’intervento legislativo di cui alla legge n. 92/2012, inteso a riformare il regime sanzionatorio previsto dall’art. 18 dello Statuto dei lavoratori a fronte dell’illegittimità dei licenziamenti individuali, in riferimento al comma 4 del suddetto articolo. Riforma che, com’è noto, articolava quel regime in termini tali per cui alla tutela della reintegrazione nel posto di lavoro sancita dallo Statuto in via esclusiva con riferimento ad ogni ipotesi di illegittimità del recesso del datore di lavoro si affiancava, con riguardo ad ogni “species” di licenziamenti individuate nella stessa legge, quelli disciplinari e quelli dettati da ragioni economiche, una tutela meramente indennitaria, non incidente, quindi, sull’effetto di risoluzione del rapporto derivante dall’intimato licenziamento, destinata a porsi quale sanzione ordinaria così relegando ad un ruolo residuale la misura ripristinatoria della reintegrazione. Ebbene, per quel che riguarda il licenziamento disciplinare, la delimitazione dell’ambito di operatività della reintegrazione, rispetto alla misura indennitaria come prevista dal comma 4 dell’art. 18, nel testo riformulato dall’art. 1, comma 42, legge n. 92/2012, investiva l’ipotesi dell’insussistenza del fatto contestato unitamente a quella del fatto rientrante tra le condotte punibili con una sanzione conservativa, in base alle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili [1]. La prima delle ipotesi contemplate sin da subito ha dato adito a dubbi interpretativi sfociati in un contrasto di orientamenti in ordine all’assunzione del termine “fatto” [2] nella sua connotazione “materiale” o “giuridica” ovvero sul se il fatto di cui si richiedeva l’insussistenza avesse dovuto essere inteso nella sua consistenza reale [3], in termini tali per cui lo stesso non avesse dovuto essersi verificato o non avesse dovuto essere stato posto in essere dal lavoratore cui era stato contestato o nella sua accezione “giuridica”, così da potersi apprezzare, nei suoi aspetti oggettivi e soggettivi, quale inadempimento degli obblighi contrattuali riferibile al lavoratore incolpato. L’opzione giurisprudenziale, cui la decisione in esame si riconnette, si è venuta elaborando nel senso [continua..]
Fascicolo 4 - 2023