Massimario di Giurisprudenza del LavoroISSN 0025-4959
G. Giappichelli Editore

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Prescrizione dei diritti retributivi e stabilità del rapporto di lavoro (di Emilio Balletti, Professore ordinario di Diritto del lavoro – Università della Campania Luigi Vanvitelli)


Nel saggio è analizzata la questione della decorrenza della prescrizione dei diritti retributivi alla luce del rinnovato regime delle tutele in tema di licenziamenti ai sensi della legge Fornero e del d.lgs. n. 23/2015, rilevando che siffatto rinnovato regime di protezione non valga ad assicurare quel grado di “stabilità adeguata” del rapporto di lavoro al quale, in virtù delle pronunzie della Corte Costituzionale in materia, è riportata la possibile decorrenza della prescrizione dei diritti retributivi in corso di rapporto di lavoro, precisando la portata di una tale valutazione ed esaminando in che misura la questione trovi in questo senso definitiva soluzione.

Parole chiave: Parole chiave: Prescrizione – Diritti retributivi – Stabilità del rapporto di lavoro

Statute of limitations on wage rights and stability of the employment relationship

The essay analyzes the issue of the statute of limitations on remuneration rights in the light of the renewed system of protections on the subject of dismissals pursuant to the Fornero law and Legislative Decree no. 23/2015, noting that such a renewed protection regime is not valid to ensure that degree of “adequate stability” of the employment relationship to which, by virtue of the rulings of the Constitutional Court on the matter, the possible starting date of the limitation period of wage rights is reported course of employment relationship, specifying the scope of such an assessment and examining to what extent the question finds a definitive solution in this sense.

Keywords: Prescription – Salary rights – Stabilility of the employment relationship.

SOMMARIO:

1. Il mutamento di scenario in relazione alla decorrenza della prescrizione dei diritti retributivi - 2. L’operare della prescrizione dei diritti retributivi in ragione del grado di stabilità del rapporto di lavoro - 3. Le nuove tutele in materia di licenziamenti ex art. 1, comma 42, legge n. 92/2012 e d.lgs. n. 23/2015 - 4. Le diverse valutazioni in dottrina e giurisprudenza delle rinnovate tutele sui licenziamenti in relazione alla prescrizione dei diritti retributivi - 5. Segue. Le prime due pronunzie dei giudici di legittimità sulla prescrizione dei diritti retributivi al cospetto del “nuovo” art. 18, legge n. 300/1970 e del d.lgs. n. 23/2015 - 6. Il non rilevare di una c.d. “stabilità adeguata”, ai sensi del “nuovo” art. 18 e del d.lgs. n. 23/2015, ai fini della decorrenza della prescrizione dei diritti retributivi - 7. La non decorrenza della prescrizione in corso di rapporto di lavoro per i soli diritti retributivi rientranti nella tutela ex art. 36 Cost. - 8. Decorrenza e durata della prescrizione dei crediti retributivi a fronte del mutare nel tempo delle tutele sui licenziamenti - 9. Considerazioni conclusive sulla prescrizione dei diritti del lavoratore: l’eventualità di una sua ridefinizione ex lege; l’ipotesi (improbabile) di un nuovo intervento della Corte Costituzionale in materia - NOTE


1. Il mutamento di scenario in relazione alla decorrenza della prescrizione dei diritti retributivi

La questione della possibile decorrenza della prescrizione dei diritti retributivi in corso di rapporto di lavoro è giocoforza tornata in discussione al cospetto dei notevoli cambiamenti introdotti in tema di regimi sanzionatori dei licenziamenti illegittimi in virtù della legge Fornero e della riforma del Jobs Act (cfr., rispettivamente, art. 1, comma 42, legge n. 92/2012 e d.lgs. n. 23/2015), essenzialmente nel senso di una riduzione di ambito applicativo e portata protettiva dell’originario regime di stabilità reale ex art. 18, legge n. 300/1970. Proprio in riferimento al criterio della stabilità reale ex art. 18, infatti, la problematica in parola ha notoriamente trovato composizione, fin dagli anni ’70, alla luce delle statuizioni della Corte Costituzionale in sue successive pronunzie [1] e delle coincidenti determinazioni della stessa Cassazione anche a Sezioni unite [2]. Ciò, in specie, nel senso della “non decorrenza” della prescrizione per i diritti retributivi in costanza di rapporto di lavoro in riferimento ai soli rapporti di lavoro “non stabili” ex art. 18 legge n. 300/1970 “vecchia formula” (id est, versione antecedente alle sue modifiche ex art. 1, comma 42, legge n. 92/2012), intendendosi per tali i rapporti di lavoro a c.d. mera “stabilità obbligatoria” (assoggettati cioè alla sola legge n. 604/1966, ma non anche all’art. 18 “vecchia formula”) ed anche a c.d. recesso ad nutum, ex art. 2118 c.c. E, invece, con affermazione della decorrenza della prescrizione già in corso di rapporto di lavoro per i rapporti di lavoro “stabili” sempre ex art. 18 “vecchia formula”. Ma tanto, allora, in termini necessariamente da riconsiderare nel momento in cui si è detto essere modificata la portata di tale “stabilità” ex art. 18 ai sensi della legge n. 92/2012 e del d.lgs. n. 23/2015.


2. L’operare della prescrizione dei diritti retributivi in ragione del grado di stabilità del rapporto di lavoro

Posta la sua prima sentenza n. 63/1966, con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato «l’illegittimità costituzionale degli artt. 2948 n. 4, 2955, n. 2, e 2956, n. 1, del Codice civile limitatamente alla parte in cui consentono che la prescrizione del diritto alla retribuzione decorra durante il rapporto di lavoro», in relazione all’art. 36 Cost. e comunque anche alla luce della disciplina limitativa in tema di rinunzie dei diritti dei lavoratori ex art. 2113 c.c., in quanto il prestatore «può essere indotto a non esercitare il proprio diritto per lo stesso motivo per cui molte volte è portato a rinunciarvi, cioè per timore del licenziamento» [3], è risaputo che la stessa Consulta abbia poi provveduto a delimitare la portata di un tale principio di non decorrenza della prescrizione dei diritti retributivi in corso di rapporto di lavoro. La sopraggiunta disciplina limitativa in materia di licenziamenti (spec., legge n. 604/1966 e art 18, legge n. 300/1970) è innegabilmente valsa a stemperare almeno in parte il possibile rilevare di un “timore” del lavoratore di essere licenziato, e tanto ha evidentemente indotto la Corte Costituzionale a circoscrivere la già affermata non decorrenza della prescrizione per i crediti retributivi in costanza di rapporto di lavoro ai soli casi nei quali reputa rilevare un effettivo timore di licenziamento per il lavoratore. Ciò, invero, con una serie di sue pronunzie successive mediante le quali la Consulta ha statuito l’ordinario decorso della prescrizione per i crediti retributivi già in costanza di rapporto di lavoro «tutte le volte che il rapporto di lavoro subordinato sia caratterizzato da una particolare forza di resistenza, quale deriva da una disciplina che assicuri normalmente la stabilità del rapporto e fornisca le garanzie di appositi rimedi giurisdizionali contro ogni illegittima risoluzione» [4]. Situazione, questa, che sempre il Giudice delle leggi ha stabilito ricorrere, oltre che «per i rapporti di pubblico impiego statali, anche se di carattere temporaneo» [5], «in tutti i casi di sussistenza di garanzie che si possano ritenere equivalenti» e segnatamente quando, nell’ipotesi di violazione dei vincoli di giustificazione ex art. 1, legge n. 604/1966, sia assicurato «l’annullamento dell’avvenuto [continua ..]


3. Le nuove tutele in materia di licenziamenti ex art. 1, comma 42, legge n. 92/2012 e d.lgs. n. 23/2015

La consolidata ricostruzione della decorrenza della prescrizione dei diritti retributivi del lavoratore in base all’applicazione, o meno, del regime della stabilità “reale” ex art. 18 “vecchia formula” è dunque da riconsiderare al cospetto dell’inter­venuta ridefinizione in via riduttiva di ambito applicativo e portata protettiva di tale ipotesi di tutela ex legge n. 92/2012 e d.lgs. n. 23/2015. La versione “piena” della stabilità “reale” così come disegnata dal legislatore del ‘70 risulta infatti oggi circoscritta nella sua applicazione ai soli casi del licenziamento discriminatorio, per motivo illecito, del licenziamento orale e agli altri casi di nullità previsti dalla legge o comunque indicati sub comma 1 del “nuovo” art. 18 (come modificato ex comma 42 art. 1, legge n. 92/2012) e sub art. 2, d.lgs. n. 23/2015. Al contempo, in riferimento ai soli casi peculiari di illegittimità del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo di cui, rispettivamente, al comma 4, art. 18 “nuova formula” e al comma 2, art. 3, d.lgs. n. 23/2015, oltreché anche di illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo ex comma 7, art. 18, rileva pure l’introduzione della c.d. versione “attenuata” della medesima tutela reintegratoria, con la limitazione a dodici mensilità della misura massima del risarcimento del danno. Mentre ad essere stabilita in relazione a tutte le altre ipotesi di illegittimità di licenziamento è invece, oggi, una sola tutela meramente economica, di entità variabile a seconda dei casi, ma comunque generalmente inferiore rispetto alla tutela risarcitoria “integrale” pari alle retribuzioni non percepite dalla data del licenziamento alla reintegrazione, ex art. 18 “versione originaria” [11], salvi i soli richiamati casi particolari di tutela reintegratoria “piena” ex art. 18, comma 1, “nuova formula” e art. 2, d.lgs. n. 23/2015. Tratto caratterizzante l’odierno rinnovato apparato sanzionatorio in materia è così indubbiamente quello di un sensibile ampliamento dell’ambito di operatività di una tutela di (sola) natura risarcitoria o comunque indennitaria, in luogo di una tutela reintegratoria [12]. Tutela reintegratoria che, infatti, [continua ..]


4. Le diverse valutazioni in dottrina e giurisprudenza delle rinnovate tutele sui licenziamenti in relazione alla prescrizione dei diritti retributivi

Ebbene, si può ritenere che gli attuali standard di tutela legale in tema di licenziamento valgano a fornire un adeguato grado di stabilità al rapporto di lavoro tale da superare il timore di licenziamento rilevante quale ostacolo alla rivendicazione dei suoi crediti retributivi da parte del lavoratore? E che quindi per i lavoratori cui si applica l’art. 18 legge n. 300/1970 “nuova formula” sia allora da confermare la decorrenza della prescrizione per i crediti retributivi già in costanza di rapporto di lavoro, secondo quanto ritenuto generalmente ai sensi del medesimo art. 18 “vecchia formula”? Come pure va verificato, al contempo, se un adeguato grado di stabilità tale da poter consentire la decorrenza della prescrizione dei crediti retributivi in costanza di rapporto di lavoro rilevi in riferimento ai lavoratori invece rientranti nel c.d. regime delle “tutele crescenti” (art. 1, d.lgs. n. 23/2015). Di diverso tenore sono le posizioni manifestate al riguardo sia in dottrina sia in giurisprudenza, peraltro, in un primo tempo solo da parte dei giudici di merito, almeno fino all’intervento in materia anche dei giudici di legittimità con due recentissime pronunzie [13]. Confermato in linea di principio il riferimento al grado di stabilità del rapporto di lavoro quale dato di discrimine, infatti, se ne prospettano in giurisprudenza valutazioni differenti riguardo la decorrenza o meno della prescrizione in costanza di rapporto di lavoro. Secondo un primo orientamento, invero, è affermata la non decorrenza della prescrizione dei crediti retributivi in costanza di rapporto di lavoro, valutando che, in virtù dell’intervenuta riduzione delle tutele ex art. 18, sono molteplici le «ipotesi nelle quali, anche a fronte di un licenziamento illegittimo, la tutela resta solo di tipo indennitario, senza possibilità di reintegrazione» e che pertanto «i lavoratori, pur dipendenti da azienda sottoposta all’articolo 18 SL, (possono) incorrere per la durata della relazione lavorativa nel timore del recesso nel far valere le proprie ragioni, a fronte della diminuita resistenza della propria stabilità» [14]. Ciò, a volte, anche con il richiamo alla «condizione soggettiva di incertezza» nella quale versa il lavoratore «circa la tutela (reintegratoria o indennitaria) applicabile … [continua ..]


5. Segue. Le prime due pronunzie dei giudici di legittimità sulla prescrizione dei diritti retributivi al cospetto del “nuovo” art. 18, legge n. 300/1970 e del d.lgs. n. 23/2015

È dunque al cospetto del persistere di opzioni interpretative diversificate che si registra, da ultimo, l’intervento dei giudici di legittimità sulla questione della decorrenza della prescrizione dei diritti di retributivi del lavoratore in costanza di rapporto di lavoro, con la già citate due recenti loro prime pronunzie in argomento Cass. 6 settembre 2022, n. 26246 e Cass. 20 ottobre 2022, n. 30957. Sentenze, queste, peraltro emesse da uno stesso Collegio giudicante all’esito di una medesima udienza, e che hanno comunque espresso entrambe il seguente identico principio di diritto: «Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, così come modulato per effetto della L. n. 92 del 2012, e del D.Lgs. n. 23 del 2015, mancando dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di risoluzione e di una loro tutela adeguata, non è assistito da un regime di stabilità. Sicché, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della L. n. 92 del 2012, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto dell’art. 2948 c.c., n. 4, e art. 2935 c.c., dalla cessazione del rapporto di lavoro». Il tutto sulla scorta di un’articolata motivazione, largamente coincidente nelle due pronunzie, il cui tratto saliente è rappresentato dalla reputata non corrispondenza del livello di stabilità assicurato dalle odierne tutele ex legge n. 92/2012 e d.lgs. n. 23/2015 a quel regime di c.d. “stabilità adeguata” ex art. 18 “vecchia formula” cui si è detto sopra essere riportata la possibile decorrenza della prescrizione in corso di rapporto di lavoro, alla luce delle statuizioni in materia della Corte Costituzionale e delle coincidenti determinazioni della Cassazione a Sezioni Unite. Tanto più, osservano anche i giudici di legittimità, in considerazione dell’introdotta diversificazione sensibile delle medesime tutele, sempre ex legge n. 92/2012 e d.lgs. n. 23/2015, tale da far risultare oggi pure incerta la stessa individuazione del regime sanzionatorio in relazione al singolo licenziamento: «deve allora essere escluso, per la mancanza dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di risoluzione e soprattutto di una loro tutela adeguata, che il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, così come modulato per effetto della L. n. 92 del 2012 e del D.Lgs. [continua ..]


6. Il non rilevare di una c.d. “stabilità adeguata”, ai sensi del “nuovo” art. 18 e del d.lgs. n. 23/2015, ai fini della decorrenza della prescrizione dei diritti retributivi

Il principio di diritto enunciato da Cass. nn. 26246/2022 e 30957/2022 appare rispondente al dato normativo positivo così come risultante alla luce delle su richiamate pronunzie della Corte Costituzionale in materia. Al fine della decorrenza o meno in costanza di rapporto di lavoro della prescrizione dei crediti di lavoro, infatti, permane a stretto rigore dirimente il criterio della “stabilità adeguata” stabilito dalla Corte Costituzionale ad integrazione e comunque a modifica delle ipotesi di sospensione e in ogni caso non decorrenza ex lege della prescrizione di cui alla normativa generale codicistica. Senza che sia ascrivibile un’efficacia modificativa di tale criterio ai mutamenti in sé della disciplina sanzionatoria in tema di licenziamenti ex art. 1, comma 42, legge n. 92/2012 e d.lgs. n. 23/2015. Quale fattore di discrimine al riguardo è infatti stato indicato dalla Corte Costituzionale, non già l’applicazione o meno dell’art. 18, legge n. 300/1970, né di un’altra determinata disposizione di legge, ma, piuttosto, un concetto di “stabilità adeguata” precisato dettagliatamente nelle sue caratteristiche e assunto in quanto tale dal Giudice delle leggi come idoneo a superare il metus del lavoratore di essere licenziato. Vale a dire, come visto sopra, la stabilità che è propria dei «rapporti di pubblico impiego statali, anche se di carattere temporaneo» [29] e comunque rilevante in «in tutti i casi di sussistenza di garanzie che si possano ritenere equivalenti», nonché quindi tale da far sì che, nell’ipotesi di sua illegittimità, sia assicurato «l’annullamento dell’avvenuto licenziamento» e «la completa reintegrazione nella posizione giuridica preesistente fatta illegittimamente cessare» [30]. Sicché è proprio in relazione a tali caratteristiche nelle quali è identificata la “stabilità adeguata” del rapporto di lavoro che va valutata l’idoneità del rinnovato impianto delle tutele in tema di licenziamenti, ex art. 18, legge n. 300/1970 “nuova formula” ed anche ex d.lgs. n. 23/2015, a poter continuare a consentire la decorrenza della prescrizione in costanza del medesimo rapporto di lavoro analogamente a quanto ritenuto generalmente in relazione all’art. 18 “versione [continua ..]


7. La non decorrenza della prescrizione in corso di rapporto di lavoro per i soli diritti retributivi rientranti nella tutela ex art. 36 Cost.

La non decorrenza della prescrizione in corso di rapporto di lavoro permane in ogni caso circoscritta solo in riferimento ai diritti retributivi, e segnatamente a quelli rientranti nella «speciale garanzia che deriva dall’art. 36 della Costituzione» [36]. È infatti solo in relazione a tali diritti che, con la sua storica sentenza n. 63/1966, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità delle disposizioni generali codicistiche nella parte in cui consentivano la decorrenza della prescrizione in corso di rapporto di lavoro, appunto affermando che, benché «il diritto alle prestazioni salariali può prescriversi, non tutto il regime della prescrizione è compatibile colla speciale garanzia che deriva dall’art. 36 della Costituzione» e, considerato il sostanziale rilevare del mancato esercizio di un diritto quale una “rinunzia implicita”, nonché quindi richiamate le garanzie dell’ordinamento in tema di rinunzie e transazioni dei diritti del lavoratore ex art. 2113 c.c., concludendo che «la prescrizione, decorrendo durante il rapporto di lavoro, produce proprio quel­l’effetto che l’art. 36 ha inteso precludere vietando qualunque tipo di rinuncia: anche quella che, in particolari situazioni, può essere implicita nel mancato esercizio del proprio diritto e pertanto nel fatto che si lasci decorrere la prescrizione» [37]. Senza che alcunché di differente sia stato stabilito in proposito dalle successive pronunzie della Consulta in tema di prescrizione dei diritti del lavoratore: tutte difatti essenzialmente riferite, per quanto qui interessa valutare, alla questione della delimitazione del principio della non decorrenza della prescrizione in riferimento ai rapporti di lavoro “non stabili”, senza in alcun modo modificare la statuita delimitazione ai soli diritti retributivi ex art. 36 Cost. dell’operare di detto principio come stabilito da Corte cost. n. 63/1966 [38]. Onde l’odierna persistente limitazione della non decorrenza della prescrizione in corso di rapporto di lavoro ai soli diritti retributivi rientranti nella tutela dell’art. 36 Cost., e come tali inderogabili e al contempo altresì irrinunziabili anche ai sensi dell’art. 2113 c.c., nonché quindi, almeno in linea di principio, quelli che generalmente si reputa corrispondere ai trattamenti [continua ..]


8. Decorrenza e durata della prescrizione dei crediti retributivi a fronte del mutare nel tempo delle tutele sui licenziamenti

Sotto altro verso, si rivela problematico stabilire, nell’ipotesi di venir meno dell’applicazione di un regime di “stabilità adeguata” in corso di rapporto di lavoro, se, all’atto della cessazione del medesimo rapporto di lavoro, la prescrizione inizi a decorrere ex novo per tutti i diritti per l’intero suo termine quinquennale (ex art. 2948, n. 4, c.c.) o anche annuale o triennale (rispettivamente, ex art. 2955, n. 2 e 2956, n. 1, c.c.), oppure se, invece, decorra solo per il tempo residuo rispetto all’eventuale periodo di prescrizione già trascorso quando il rapporto di lavoro risultava “stabile”. È questo il caso, evidentemente, dei diritti retributivi inerenti a rapporti di lavoro pendenti alla data dell’entrata in vigore della legge 28 giugno 2012, n. 92 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 3 luglio 2012) e, come tali, assoggettati al regime di c.d. “stabilità adeguata” ex art. 18, legge n. 300/1970 “vecchia formula”, che, però, da allora in poi, si è visto essere divenuti non più “adeguatamente stabili”, in virtù dell’intervenuta modifica di tale art. 18 appunto ai sensi dell’art. 1, comma 42, legge n. 92/2012. Ciò, segnatamente, riguardo quei diritti retributivi maturati nel quinquennio (o anche nell’anno o nel triennio, nei casi di cui, rispettivamente, agli artt. 2955, n. 2 e 2956, n. 1, c.c.) precedente al 3 luglio 2012: in relazione ai quali va stabilito se, all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, il termine di prescrizione decorra per l’intero quinquennio (anno o triennio), oppure, invece, per la sola sua parte di tempo restante rispetto a quella già trascorsa fino al 3 luglio 2012 quando il rapporto di lavoro era “stabile” (id est, assoggettato all’art. 18 “vecchia formula”) [43]. L’eventualità di una prescrizione in parte già decorsa e, poi, solo da esaurirsi per il suo tempo residuo a partire dalla cessazione del rapporto di lavoro viene di fatto ad importare la sospensione del decorso della medesima prescrizione. Prescrizione che, infatti, così opinando, una volta iniziata a decorrere al cospetto di un regime di “stabilità adeguata” ex art. 18 “vecchia formula”, resterebbe sospesa a partire dal­l’entrata in vigore del nuovo art. 18 [continua ..]


9. Considerazioni conclusive sulla prescrizione dei diritti del lavoratore: l’eventualità di una sua ridefinizione ex lege; l’ipotesi (improbabile) di un nuovo intervento della Corte Costituzionale in materia

Detto della sostanziale conformità al dato normativo positivo, così come risultante in virtù degli interventi della Consulta in materia, del principio di diritto enunciato dalla prime pronunzie dei giudici di legittimità nel senso della non decorrenza della prescrizione per i diritti retributivi in corso di rapporto di lavoro al cospetto dell’applicazione del “nuovo” art. 18, legge n. 300/1970 e del d.lgs. n. 23/2015, è tuttavia da chiedersi se, in adesione generale a un tale pronunciamento della Cassazione, troveranno composizione le diverse opzioni interpretative prospettate in proposito a fronte dell’intervenuto degradare delle tutele di cui all’art. 18 “vecchia formula”. Così come è più in generale da domandarsi se sempre nel solco delle odierne statuizioni dei giudici di legittimità l’intera tematica della prescrizione dei crediti retributivi possa trovare sistemazione soddisfacente, o se rispetto ad essa sia invece da auspicare un intervento del legislatore, oppure anche sia prevedibile una nuova pronunzia della stessa Corte Costituzionale. Stante la rilevata obiettiva non rispondenza delle tutele in tema di licenziamento ex “nuovo” art. 18 e d.lgs. n. 23/2015 al parametro della c.d. “stabilità adeguata”, come stabilito dalla Consulta, è ragionevolmente da ritenere che, rebus sic stantibus, il principio di diritto enunciato da Cass. nn. 26246/2022 e 30957/2022 sia destinato a consolidarsi nelle successive pronunzie dei giudici di legittimità e, quindi, alla luce della funzione nomofilattica da loro esplicata, anche nella giurisprudenza di merito. Senza che possa tuttavia negarsi, sia pure de iure condendo, l’obiettiva utilità che comunque potrebbe avrebbe un intervento del legislatore di ridefinizione della materia [46], a distanza ormai di cinquantasei anni dalla censura delle norme codicistiche da parte della Corte Costituzionale con la sua sentenza n. 63/1966: quale riassetto organico della regolamentazione in tema di prescrizione dei diritti retributivi delineatasi in via progressiva e per stadi successivi, in virtù delle su richiamate susseguenti pronunzie del Giudice delle leggi [47], in difetto di un disegno di sua sistemazione organica, e comunque anche a superamento delle problematicità insite nel concetto di “stabilità adeguata” [continua ..]


NOTE