Massimario di Giurisprudenza del LavoroISSN 0025-4959
G. Giappichelli Editore

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"Quante miglia deve camminare un uomo prima di sapere di essere un uomo?”. La vicenda irrisolta dei riders in Spagna: analisi di un dibattito de iure condendo (di Michele Squeglia )


Due diverse sentenze pronunciate recentemente dai giudici spagnoli hanno affrontato il tema della qualificazione dell’attività svolta dai riders nell’ambito della distribuzione alimentare, giungendo a conclusioni diametralmente opposte, nonostante i casi sottoposti al loro esame si presentassero pressoché identici. Giunge così a prevalere la convinzione che nemmeno soluzioni normative che costruiscono, in modo originale, per mezzo di parametri quantitativi relativi ai redditi da lavoro, una nozione di dipendenza economica all’inter­no del lavoro autonomo, sono in grado di tenere assieme le polimorfie che discendono dall’emergente platform economy. Il presente saggio analizza il percorso argomentativo dei Tribunali Superiori dell’Asturia e di Madrid, le obiezioni respinte dai giudici, ne esamina le conclusioni, opera una ricognizione delle diverse fattispecie presenti nell’ordinamento spagnolo del lavoro subordinato, autonomo tout court e autonomo economicamente dipendente e, infine, offre alcuni spunti di riflessione nel dibattito domestico.

'How many miles does a man heve to walk before he knows he's men?'. The unresolved story of the riders in spain: analysis of a debate de iure condendo 

Two different judgements recently handed down by the Spanish courts have addressed the issue of the qualification of the activity carried out by riders in the food distribution sector, reaching diametrically opposed conclusions, despite the fact that the cases submitted to their examination were almost identical. Thus the conviction that not even regulatory solutions that construct, in an original way, by means of quantitative parameters relating to ear­ned income, a notion of economic dependence within self-employment, are able to hold together the polymorphics that descend from the emerging platform economy. This essay analyzes the argumentative path of the Courts of Asturias and Madrid, the objections rejected by the judges, examines their conclusions, makes a reconnaissance of the different cases present in the Spanish employment system of subordinate work, autonomous tout court and economically dependent self-employed and offers, finally, some food for thought in the domestic debate.

Keywords: Rider – employed – self-employment – economically dependent self-employed –digital platform.

  
SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. Lavoro subordinato, lavoro autonomo tout court e lavoro auto­nomo economicamente dipendente - 3. La prima pronuncia: 'i riders sono lavoratori subordinati' - 4. La seconda pronuncia: 'i riders sono lavoratori autonomi' - 5. Conclusioni - NOTE


1. Introduzione

È indubbio che il lavoro su piattaforma digitale, con particolare riferimento ai ciclo-fattorini (o, forse meglio, ai più conosciuti “riders”) nel settore segnatamente della distribuzione alimentare, sta acquistando crescente rilievo non solo nel nostro Paese. Il titolo del presente contributo, tratto una nota canzone di Bob Dylan (“Blo­win the wind”) [1], può essere parafrasato in questi termini: quante prove (in giudizio) deve superare un ciclo-fattorino del food delivery, di nazionalità spagnola, la cui attività è organizzata da una piattaforma digitale, per potere esercitare il suo diritto alle tutele retributive, previdenziali, sanitarie, di salute e sicurezza del lavoro, di tutela collettiva? Formulata in modo più o meno articolata, è questa la domanda chiave che occorre porsi nel XXI secolo quando si discute della qualificazione della figura dei moderni ciclo-fattorini. All’invero, il quesito coinvolge non solo la Spagna, ma tutti quei paesi – compresa l’Italia – nei quali si tende a definire il lavoro autonomo come un complesso di attività lavorative non inquadrabili come rapporti di lavoro di tipo subordinato, senza considerare il più delle volte che il concetto di “subordinazione” è una valutazione dell’ordinamento, i cui elementi possono variare per opera sua, come in ogni altra fattispecie giuridica [2]. Ebbene l’osservazione rivela che parlare di un soggetto omogeneo di “lavoratore autonomo” non è, in linea di principio, possibile: piuttosto emergono molteplici prestazioni rese in forma abituale, prevalentemente personale, diretta e senza vincolo di subordinazione [3], regolate mediante le norme del diritto civile e commerciale. Tale è la ragione per cui dav­vero l’indagine sulle concrete modalità di esecuzione del rapporto di lavoro è indispensabile per adeguare il sistema alle mutate esigenze sociali, nel quadro della sempre maggiore (e giustificata) tutela riconosciuta al lavoro subordinato sotto il profilo pubblicistico e costituzionale. Sotto questo profilo, l’attività prestata dai riders è veramente esemplare: lo sche­ma di business sul quale ha origine la loro prestazione è un modello fluido nel quale si fanno strada pratiche di committenza innovative [continua ..]


2. Lavoro subordinato, lavoro autonomo tout court e lavoro auto­nomo economicamente dipendente

La «grande dicotomia lavoro subordinato/lavoro autonomo» [17] ha sempre visto impegnata la dottrina e la giurisprudenza in una complessa riflessione definitoria sin dagli inizi della nostra materia. E nondimeno è accaduto nell’ordinamento spagnolo del lavoro nel quale tale dialogo ha visto affermarsi il primato del lavoro subordinato, inteso quale tipo negoziale interno alla contrattualistica civilistica, in quanto centro privilegiato delle tutele sul quale, almeno originariamente, si è basata la materia del diritto del lavoro e della previdenza sociale [18]. Prima di occuparci delle pronunce giurisprudenziali dei Tribunal Superior de Ju­sticia (TSJ), è opportuno allora operare, sia pure brevemente, una ricognizione della vigente disciplina spagnola. Il contratto di lavoro subordinato è contraddistinto da due elementi che riassumono il collegamento tanto con la struttura produttiva del­l’impresa, quanto con il potere di direzione del datore di lavoro: da un lato, l’“ajeni­dad”, intesa come la proprietà dei mezzi di produzione o, forse meglio, la proprietà dei frutti del proprio lavoro [19] e, dall’altro, la “dependencia”, vale a dire l’assogget­tamento funzionale agli ordini e alle direttive del datore di lavoro all’interno del­l’organizzazione produttiva dello stesso [20]. Dall’articolo 1 dello Estatuto de los Trabajadores (ET) [21] si riscontrano alcuni caratteri della fattispecie del lavoro subordinato: la volontarietà, l’organizzazione e la gestione di altrui attività (e, dunque, l’estraneità al rischio di impresa), la retribuzione. Elementi che ritroviamo nel successivo articolo 8, secondo il quale il contratto di lavoro subordinato – che può essere stipulato per iscritto o orale – si presume esistente «(…) tra una persona che fornisce un servizio per conto e all’interno del­l’organizzazione e della gestione di un’altra persona e una persona che riceve tale servizio in cambio di un pagamento (...)». Senonché, la presenza di uno solo di questi caratteri non è sicuro indice di subordinazione, dal momento che la giurisprudenza spagnola, in diverse occasioni [22], ha sostenuto che essi necessitano di essere verificati in concreto, richiedendo una [continua ..]


3. La prima pronuncia: 'i riders sono lavoratori subordinati'

Il Tribunales Superiores de Justicia (TSJ) dell’Asturia [34], con la sentenza STSJ AS n. 1607/2019 del 25 luglio 2019 [35], ha avuto l’occasione di ripercorrere le vicen­de della «Glovo App 23», una piattaforma digitale che opera sul mercato con la denominazione commerciale «Glovo» [36], tramite la quale, per mezzo di un’applica­zione di telefonia mobile o del ricorso ad un sito web, le imprese locali di distribuzione offrono i loro prodotti al consumatore finale avvalendosi di un servizio di consegna effettuato da un ciclo-fattorino. La dinamica sottoposta all’esame dei giudici è nota: l’ordine viene effettuato dal consumatore attraverso l’applicazione informatica; la piattaforma digitale assegna l’ordine ad uno dei rider, ricorrendo ad un “algoritmo” [37]. Una volta che l’ordine è stato assegnato, il ciclo-fattorino si reca al punto di raccolta e può: a) rimanere in attesa durante la consegna dell’ordine; b) respingere l’ordine; c) chiedere che venga effettuato un secondo ordine mentre il primo è in preparazione. Nel primo caso, il “tiempo de servicio” decorre dal momento in cui il ciclo-fattorino si trova nel raggio di cento metri dal luogo di raccolta. Una volta che la merce è stata ritirata, il rider provvede alla consegna: solo nel momento in cui il cliente-consumatore riceve il prodotto e conferma, tramite la piattaforma digitale, che è pervenuto in buone con­dizioni e che corrisponde a quanto richiesto, la consegna può considerarsi definitivamente conclusa. I riders sono inquadrati come lavoratori autonomi tout court o, se ricorrono le condizioni come TRADE, dopo aver preliminarmente sostenuto due colloqui, ed è richiesto loro l’iscrizione al Régimen Especial de la Seguridad Social de los Trabajadores por Cuenta Propia o Autónomos” (RETA) nonché il pagamento di una somma (circa venti euro) per le spese sostenute dalla piattaforma digitale. La pianificazione delle fasce orarie è stabilita dalla piattaforma al fine di beneficiare di tempi di attesa più brevi e di rendere efficiente l’organizzazione del servizio. Due volte alla settimana è consentito ai riders di scegliere le fasce orarie più [continua ..]


4. La seconda pronuncia: 'i riders sono lavoratori autonomi'

Qualche mese più tardi, il Tribunales Superiores de Justicia (TSJ) di Madrid si è pronunciato su un caso analogo che ha interessato la medesima start-up (Glovo APP 23, S.L.), la quale aveva sottoscritto nell’anno 2015 un contratto di lavoro autonomo per l’esecuzione di commissioni, ordini o micro-compiti di consegna e, qualche anno più tardi, a causa del superamento di oltre il 75 per cento del reddito percepito dal prestatore, aveva convenuto un contratto per lo svolgimento dell’atti­vità professionale di lavoratore autonomo economicamente dipendente (TRADE) [48]. La pronuncia è significativa perché il decisum giunge ad una conclusione diametralmente opposta a quella formulata dai giudici dell’Asturia, ancorché i fatti contestati si presentano sostanzialmente identici. Lo sfondo è pressoché il medesimo: attraverso innovazioni tecnologiche digitali che consentono l’impiego di programmi e algoritmi informatici evoluti, un’interfac­cia elettronica (una piattaforma, un portale o altri mezzi analoghi) favorisce il collegamento tra fornitori, consumatori e lavoratori ai fini della somministrazione e consegna di beni di consumo. L’approccio dell’impresa è di escludere l’applicazione delle regole tipiche della subordinazione, dal momento che i consumatori – clienti non richiedono il servizio al fornitore, bensì direttamente al lavoratore incaricato della consegna per il tramite della strumentazione digitale. Tale è la ragione dell’inse­rimento, nello schema contrattuale, di elementi quali la libertà dell’orario di lavoro, il rifiuto del servizio o dell’ordine e l’impiego di una, pur minima, struttura imprenditoriale rappresentata dalla proprietà di un veicolo e di uno apparecchio telefonico. Il Tribunale rammenta le pronunce giurisprudenziali [49], secondo le quali le concrete modalità di svolgimento del rapporto debbono prevalere sul dato formale convenuto dalle stesse parti, perché «(…) la natura del rapporto di lavoro discende dalla reale intenzione dei soggetti, indipendentemente dalla qualificazione che esse hanno dato al contratto». Ciò significa che, stante gli orientamenti giurisprudenziali prevalenti ai quali i giudici di Madrid mostrano di aderire [50], per il [continua ..]


5. Conclusioni

Qualche autore, commentando le nuove trasformazioni del mondo del lavoro, ha scritto che «(…) è chiaro che il sistema basato su piattaforme informatiche costituisce un’evoluzione dei sistemi industriali tradizionali, quindi anche l’interpretazione della subordinazione deve evolvere» [55]. In effetti, nonostante il continuo e incessante novum giuridico dettato dalla realtà economica e sociale in costante mutamento, incisive innovazioni si ripercuotono sull’impianto tradizionale delle categorie della subordinazione e dell’autonomia dando origine a nuovi problemi anche nell’interpre­tazione da parte degli operatori del diritto. Tanto la dottrina quanto la giurisprudenza si dividono tra enucleazione e tipizzazione della dipendenza economica nell’area del lavoro autonomo e riconduzione al lavoro dipendente secondo indici attraverso i quali riconoscere la natura subordinata del rapporto di lavoro. Il che disvela le ambiguità che nemmeno l’ordinamento del lavoro spagnolo, pur presentando caratteri di originalità e di innovatività [56], è in grado di risolvere con l’attuale disciplina normativa. La presunta assenza di un potere di controllo datoriale, la asserita libertà di esecuzione della prestazione lavorativa, la fissazione del corrispettivo, sembrerebbero palesare in superficie uno specifico programma negoziale di natura autonoma che identifica i poteri e gli obblighi tra la piattaforma digitale e il rider. Ma, nel momento in cui si indaga sulle modalità di svolgimento del rapporto di lavoro si scopre un assetto di interessi corrispondente alla diversa categoria della subordinazione o, se si preferisce, di “subordinazione in veste digitale”. Si presenta allora preliminare alla verifica della fattispecie, l’analisi della natura della piattaforma digitale: essa va considerata un semplice strumento tecnico-infor­matico in grado di coordinare e, eventualmente, agevolare lo svolgimento dell’atti­vità autonoma del rider, oppure si presenta come uno strumento in grado di creare l’offerta, di regolamentare le caratteristiche essenziali del servizio di consegna nonché di organizzare il funzionamento del servizio medesimo? Ed è tra questi due poli che, in definitiva, oscilla la giurisprudenza in Spagna. L’esame della casistica, sottoposta [continua ..]


NOTE