Massimario di Giurisprudenza del LavoroISSN 0025-4959
G. Giappichelli Editore

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La nuova disciplina del cumulo di impieghi tra obbligo di fedeltà e libertà del lavoratore nell'art. 8 del d.lgs. N. 104/2022 (di Marcello D'Aponte, Professore associato di Diritto del Lavoro – Università di Napoli Federico II)


Con il presente contributo, l’A. esamina il contenuto e la portata applicativa del nuovo art. 8 del d.lgs. 27 giugno 2022, n. 104, con particolare riferimento alla questione relativa al c.d. “cumulo di impieghi”, che si inserisce nell’ambito della previsione normativa contenente le prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro, previste dal provvedimento con cui il legislatore nazionale italiano ha dato attuazione alla direttiva (UE) 2019/1152 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 “relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione europea”, analizzando in particolare i riflessi della nuova disciplina di legge sul rapporto di lavoro, anche nel quadro della giurisprudenza, costituzionale e di legittimità formatasi in precedenza su tale specifico aspetto, tenendo conto della dicotomia e delle tensioni esistenti tra obblighi di fedeltà del lavoratore e principi di libertà.

The new rules on the combination of employment between the duty of loyalty and the freedom of the employee in article 8 of legislative decree no. 104/2022

In this contribution, the A. examines the content and scope of application of the new Article 8 of Legislative Decree No. 104 of June 27, 2022, with particular reference to the issue related to the so-called. “accumulation of employment”, which is part of the regulatory provision containing the minimum requirements on working conditions, provided by the measure with which the Italian national legislator implemented Directive (EU) 2019/1152 of the European Parliament and of the Council of June 20, 2019 “on transparent and predictable working conditions in the European Union”, analyzing in particular the reflections of the new legal regulation on the employment relationship, also in the framework of the case law, constitutional and legitimacy previously formed on this specific aspect, taking into account the existing dichotomy and tensions between obligations of loyalty of the employee and principles of freedom.

SOMMARIO:

1. L’ambito di applicazione e i principi generali del c.d. decreto trasparenza (d.lgs. 27 giugno 2022, n. 104). Le ipotesi di esclusione - 2. L’art. 8 del d.lgs. n. 104/2022 e le nuove disposizioni relative al “cumulo di impieghi”. Il richiamo al rispetto degli “obblighi di fedeltà” ex art. 2105 c.c. - 3. L’ampiezza della portata della norma contenente l’attribuzione al lavoratore della facoltà di svolgimento di un impiego “parallelo”, al di fuori dell’orario di lavoro stabilito dalle parti. La posizione della giurisprudenza tra limitazioni alla libertà del lavoratore e prestazione di c.d. “doppio lavoro” - 4. Clausole di fidelizzazione e cumulo di impieghi tra legge e contratto - 5. Le eccezioni al divieto di impedimento del cumulo di impieghi - 6. Il superamento del divieto del cumulo di impieghi e il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni - NOTE


1. L’ambito di applicazione e i principi generali del c.d. decreto trasparenza (d.lgs. 27 giugno 2022, n. 104). Le ipotesi di esclusione

Il d.lgs. 27 giugno 2022, n. 104 (c.d. decreto Trasparenza), emanato in attuazione della direttiva (UE) 2019/1152, relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’ambito dell’Unione europea, in adeguamento ai valori e ai parametri europei, disciplina il diritto dei lavoratori a un’informazione chiara e trasparente in relazione agli elementi essenziali del rapporto di lavoro e alla sua tutela, introducendo inoltre prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro [1]. Ai sensi di quanto espressamente previsto al Capo I del provvedimento, con riferimento alle finalità e all’ambito di applicazione della nuova normativa, di cui principalmente all’art. 1 del provvedimento, deve evidenziarsi come esso sia piuttosto esteso, riguardando tutti i rapporti di lavoro subordinato sia a tempo indeterminato che a termine, parziale o pieno; di lavoro in somministrazione ovvero intermittente; di collaborazione con prestazione prevalentemente personale e continuativa, organizzata dal committente, secondo quanto previsto dall’art. 2, comma 1, del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81; di collaborazione coordinata e continuativa e prestazione occasionale. A ciò deve aggiungersi che, come previsto dal comma 2 del medesimo art. 1, le previsioni del decreto si applicano inoltre anche ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1 del d.lgs. n. 165/2001 e a quelli degli enti pubblici economici nonché, a mente di quanto previsto dal comma 3, ai lavoratori marittimi e a quelli della pesca, fatta salva la disciplina speciale vigente in materia, nonché ai lavoratori domestici, con esclusione in questo caso delle disposizioni riguardanti la transizione a forme di lavoro più prevedibili, sicure e stabili (art. 10 d.lgs. n. 104/2022) e di quelle in materia di formazione obbligatoria (art. 11 d.lgs. n. 104/2022). Il comma 4 prevede poi che sono invece esclusi dall’applicazione del decreto, i rapporti di lavoro autonomo di cui al titolo III del libro V del codice civile; quelli di lavoro sportivo; quelli caratterizzati da un tempo di lavoro predeterminato ed effettivo di durata pari o inferiore a una media di tre ore a settimana in un periodo di riferimento di quattro settimane consecutive; i rapporti di agenzia e rappresentanza commerciale; i rapporti di collaborazione prestati nell’impresa del datore di lavoro dal coniuge, dai parenti e [continua ..]


2. L’art. 8 del d.lgs. n. 104/2022 e le nuove disposizioni relative al “cumulo di impieghi”. Il richiamo al rispetto degli “obblighi di fedeltà” ex art. 2105 c.c.

Nel quadro delle descritte disposizioni, un particolare rilievo va attribuito a quella contenuta all’art. 8 del provvedimento, non limitandosi la dir. UE n. 2019/1152 agli aspetti generali relativi al profilo delle informazioni da fornire al lavoratore, bensì investendo anche non secondari aspetti di natura sostanziale relativi al funzionamento del rapporto di lavoro [2]. Tale norma, infatti, prevede adesso, al comma 1, che “fatto salvo l’obbligo previsto dall’art. 2015 del codice civile, il datore di lavoro non può vietare al lavoratore lo svolgimento di altra attività lavorativa in orario al di fuori della programmazione dell’attività lavorativa concordata, né per tale motivo riservargli un trattamento meno favorevole”. Occorre dunque interrogarsi sulla portata di tale disposizione, che si palesa di particolare interesse e che sembra peraltro poter avere anche una prospettiva di largo sviluppo parallelamente alla impetuosa crescita dei meccanismi di flessibilizzazione nell’articolazione oraria e organizzativa del rapporto di lavoro, con lo svolgimento di prestazioni sempre più orientate al risultato piuttosto che all’impegno tradizionale in termini di rispetto di un dato orario di lavoro e dunque di maggiore “libertà” del lavoratore nell’impegnare il proprio tempo anche con altre attività [3]. Sul piano sistematico generale va innanzitutto osservato che la norma recepisce quanto stabilito dall’art. 9 della direttiva il quale sancisce un principio di particolare importanza e cioè che, fermo restando il rispetto degli obblighi di fedeltà sanciti dall’art. 2105 del codice civile [4], un datore di lavoro non possa vietare a un lavoratore di svolgere un diverso impiego, ovviamente al di fuori dell’orario di lavoro concordato fra le parti, né per tale motivo riservargli un trattamento, sia sul piano economico che normativo, di minor favore rispetto agli altri lavoratori impiegati. Va a tal proposito osservato che secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di licenziamento per giusta causa l’obbligo di fedeltà è più ampio rispetto a quello risultante dall’art. 2105 c.c., atteso che tale obbligo deve essere integrato con quelli di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., che impongono al lavoratore di improntare la sua condotta al rispetto dei [continua ..]


3. L’ampiezza della portata della norma contenente l’attribuzione al lavoratore della facoltà di svolgimento di un impiego “parallelo”, al di fuori dell’orario di lavoro stabilito dalle parti. La posizione della giurisprudenza tra limitazioni alla libertà del lavoratore e prestazione di c.d. “doppio lavoro”

Alla luce di quanto si è osservato in precedenza, occorre interrogarsi sull’ambito applicativo delle nuove disposizioni di derivazione comunitaria, contenenti l’attri­buzione al lavoratore della facoltà di svolgimento di un impiego parallelo al di fuori dell’orario di lavoro stabilito dalle parti. Ciò appare vieppiù necessario tenuto altresì conto della scarsa chiarezza della novella legislativa, che rende indispensabile un accurato lavoro dell’interprete, anche sulla scorta dell’ampia produzione giurisprudenziale sul tema formatasi prima dell’ultimo intervento legislativo in commento e della prospettiva di utilizzazione delle nuove regole anche in una dimensione di equilibrio tra vita personale e attività lavorativa, che rende opportuna una valutazione del prestatore in chiave di una diversa articolazione del propri tempi e spazi di organizzazione e gestione personale e familiare [11]. Orbene, non vi è dubbio che si tratti di una disposizione dirompente in quanto, salvo quanto si dirà in seguito con riferimento al rapporto alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, nella giurisprudenza costituisce un principio piuttosto consolidato quello secondo cui non sussiste alcun divieto alla cumulabilità dei rapporti di lavoro in capo a un medesimo soggetto, fermo restando, come si è detto, il rispetto di tutti quei principi e regole che possano consentire di configurare forme di concorrenza, violazione degli obblighi di fiducia ovvero comunque conflitti di interesse in grado di incidere sulla correttezza dell’adempimento [12]. La Corte costituzionale, con riferimento tuttavia ai rapporti di lavoro a tempo parziale, non ha omesso di evidenziare che le modalità di collocazione temporale della prestazione resa part-time debbano in ogni caso sempre tenere conto del rispetto dell’esigenza del lavoratore di svolgimento di ulteriori attività, anche qualora sia previsto il percepimento di una retribuzione e ciò [13]. Più recentemente, poi la giurisprudenza di legittimità, giudicando sul caso di un lavoratore licenziato per giusta causa dalla propria azienda per avere iniziato a svolgere un secondo lavoro nonostante l’esplicito divieto del regolamento del personale, ha sancito con chiarezza il principio, già in precedenza affermato in termini generali [14], secondo cui il [continua ..]


4. Clausole di fidelizzazione e cumulo di impieghi tra legge e contratto

È dunque da ritenere che, con la modifica normativa in esame, il legislatore abbia finalmente e correttamente formalizzato un principio che già costituiva ius receptum per effetto dell’elaborazione giurisprudenziale affermatasi nel tempo, in ordine alla sussistenza di una piena facoltà del lavoratore, nell’ambito della propria capacità e potestà di gestione del proprio tempo libero e delle proprie energie psico-fisiche, di disporne secondo una libera e autonoma valutazione, fatto salvo necessariamente il limite che tali scelte devono incontrare nell’inesistenza di situazioni di conflitto, anche potenziali, con l’attività lavorativa principale, sia in termini di concorrenza che di dispiego di tempo ed energie personali. L’importanza della norma in commento, d’altra parte, va rinvenuta nel fatto che la legge adesso espliciti tale principio, consentendo anche in tal modo di superare le incertezze interpretative derivanti dal frequente ricorso a pattuizioni collettive e individuali che, soprattutto nell’ambito dei rapporti a tempo pieno, prevedono forme di fidelizzazione incentivata e vincoli di esclusività o forme più o meno estese di incompatibilità, anche talvolta ricorrendo all’applicazione di penali di natura pecuniaria, ponendo limiti alla libertà dei lavoratori di usufruire di ulteriori rapporti di lavoro, sul modello di quanto avviene nel settore pubblico [16]. Orbene, per effetto della nuova disposizione si pone dunque il problema di accertare se la formulazione dell’art. 8 del d.lgs. n. 104/2022 si limitino a vietare forme di discriminazione consistenti nell’applicazione di “un trattamento meno favorevole”, come recita il testo della disposizione, nei confronti di quei lavoratori che intendano svolgere altri impieghi, ovvero preveda un divieto di carattere generale all’adozione di tutte quelle iniziative del datore di lavoro che siano finalizzate a ottenere pattuizioni limitative della libertà individuale [17]. Tale interpretazione letterale sembra senza dubbio più conforme allo spirito della norma sebbene poi si ponga il problema di verificare entro quali termini il divieto di pattuizioni individuali che, sul modello di quanto non avvenga già in riferimento, ad esempio, ai patti di non concorrenza stipulati ex art. 2125 c.c., possa essere considerato [continua ..]


5. Le eccezioni al divieto di impedimento del cumulo di impieghi

Il comma 2 dell’art. 8, a sua volta, prevede le ipotesi nelle quali il datore di lavoro può, secondo l’espressione utilizzata dal legislatore, “limitare o negare al lavoratore lo svolgimento di un altro e diverso rapporto di lavoro”. A mente di tale disposizione, ciò può dunque verificarsi in tre distinte ipotesi: qualora sia ravvisabile la sussistenza di “un pregiudizio per la salute e la sicurezza, ivi compreso il rispetto della normativa in materia di durata dei riposi”, ovvero per garantire “l’integrità del servizio pubblico” e, infine, nel “caso in cui la diversa e ulteriore attività lavorativa sia in conflitto di interessi con la principale, pur non violando il dovere di fedeltà di cui all’articolo 2105 del codice civile”. Orbene, se il riferimento alla necessità di verificare che l’attività integrativa svolta dal prestatore di lavoro sia idonea a garantire il rispetto dei parametri per la tutela della salute e della sicurezza nello svolgimento delle due (o più) attività di lavoro, di per sé appare coerente con il sistema, la legge attribuisce in questo caso al datore di lavoro per così dire “principale”, il compito di valutare la sussistenza del richiamato “pregiudizio”. Ciò pone almeno due ordini di problemi: da un lato, tale rinvio, si presta anche ad interpretazioni discutibili in ordine alla rilevanza dello stesso, mancando peraltro ogni riferimento alla fonte di disciplina, in quanto, se il rispetto della normativa di cui al d.lgs. n. 81/2008 costituisce il principale riferimento, è anche vero che l’am­piezza applicativa dei parametri di cui all’art. 2087 c.c., astrattamente sembra ricondurre alla possibilità che qualsiasi attività sia ipoteticamente in grado di incidere sulla tutela della salute del lavoratore, dimodoché il datore di lavoro potrebbe adombrare la possibilità di un pregiudizio di natura fisica o psicologica in capo al prestatore per giungere al paventato divieto, anche ad esempio in termini di prevenzione dei fenomeni di c.d. burn-out. Inoltre, ciò comporta, di fatto, la necessità che quello che la legge sembra, nella prima parte della norma, costruire come un vero e proprio “diritto” allo “svolgimento di altra attività lavorativa in orario al di [continua ..]


6. Il superamento del divieto del cumulo di impieghi e il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni

Come si è osservato in precedenza, con riferimento al “cumulo di impieghi”, non secondarie questioni si pongono relativamente ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni. Se, come evidenziato, non sussiste infatti alcun dubbio che la normativa dell’art. 8 del d.lgs. n. 104/2022 trovi applicazione anche in queste situazioni, tuttavia le norme previgenti in materia di divieto, restano pienamente in vigore, ponendo un rilevante problema in termini di coordinamento tra le diverse disposizioni, allo scopo di comprendere quale sia la disciplina che scaturisce dal combinato disposto dell’art. 53, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 e dell’art. 8 del d.lgs. n. 104/2022. Orbene, è noto che la regolamentazione delle incompatibilità dei dipendenti pubblici con lo svolgimento di altre attività e del cumulo di impieghi ed incarichi, originariamente disciplinata dagli artt. 60-65 T.U. n. 3/1957, a seguito della riforma del rapporto di lavoro alle dipendenze della p.a. intervenuta per effetto di quanto previsto dalla legge delega n. 421/1992, è attualmente contenuta, in via generale, nell’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001. Tale disposizione modifica l’art. 58 del d.lgs. attuativo della legge delega n. 29/1993. Invero, il comma 4 dell’art. 8 stabilisce infatti espressamente che “resta ferma la disciplina di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 53”. La disposizione dell’art. 8 del d.lgs. n. 104/2022 va dunque letta alla luce del quadro di norme e regole previgenti che, con riferimento ai pubblici dipendenti stabiliva che nel caso di svolgimento di uffici o impieghi effettuato in regime di lavoro a tempo parziale, fatte salve peculiari eccezioni per particolati categorie come ad esempio per quanto riguarda i dipendenti delle Agenzie Fiscali, vigono regole particolari, anche sul presupposto delle giurisprudenza costituzionale che aveva ritenuto ammissibile la riduzione dell’orario di lavoro, con conseguente riduzione del trattamento retributivo minimo tabellare allo scopo di consentire al lavoratore di impiegare il proprio tempo libero in altre attività idonee a conseguire la retribuzione equa e sufficiente necessaria al proprio sostentamento in applicazione di quanto espressamente sancito dall’art. 36 Cost. [23]. Più specificamente, l’art. 1, comma 56, della legge n. 662/1996, (legge [continua ..]


NOTE
Fascicolo 4 - 2023