Massimario di Giurisprudenza del LavoroISSN 0025-4959
G. Giappichelli Editore

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Le novità di fine anno: una rassegna dei provvedimenti legislativi in materia di lavoro e previdenza (di Giuseppe Sigillò Massara, Professore associato di Diritto del lavoro – Università degli Studi Link Campus University – Emilio Rocchini, Professore a contratto di Diritto del lavoro – Università degli Studi Link Campus University )


Il contributo intende offrire un primo sintetico esame dei principali provvedimenti contenuti nella legge di bilancio e nel decreto milleproroghe 2024. In particolare, ci si concentra sulle norme poste a all’occupazione e dei redditi dei lavoratori, nonché sulle novità in materia pensionistica.

The year-end updates: a review of legislative provisions regarding labor and social security

The contribution aims to provide a brief initial examination of the main provisions contained in the 2024 budget law and the decree “milleproroghe”. Particularly, the focus is on the regulations related to employment and workers’ incomes, as well as the updates in pension matters.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. La promozione dell’occupazione - 3. Gli interventi a sostegno del reddito - 4. Gli ammortizzatori sociali - 5. Nuovi interventi in materia pensionistica - 6. L’avvio dell’Assegno di inclusione - NOTE


1. Premessa

La prima legge di bilancio interamente ascrivibile alla responsabilità della maggioranza di Governo [1] – legge n. 213/2023 – manifesta un atteggiamento tanto prudente quanto “sfrontato”. Sul primo versante, infatti, non può che registrarsi un atteggiamento di contenimento della spesa pubblica, indirizzata principalmente – per quanto riguarda la nostra materia – al (ri)finanziamento di alcune misure destinate a sostenere il potere d’acquisto dei lavoratori a medio-basso reddito, attraverso la riduzione dei contributi previdenziali (e l’accorpamento dei primi due scaglioni IRPEF). Parimenti, nella stessa direzione di morigeratezza si muovono gli interventi in materia di pensioni, nei quali l’originaria dichiarata volontà di superamento della c.d. Legge Fornero (art. 24, d.l. n. 201/2011) è stata sostituita dalla conferma – con ulteriori disincentivi e restrizioni, invero – degli esistenti meccanismi di anticipazione dell’accesso al trattamento. Ciononostante, non può negarsi come a fronte di un atteggiamento volto, tutto sommato, al contenimento della spesa pubblica, la manovra di bilancio appaia foriera di future incertezze. Ci si riferisce, in particolare, alla circostanza per cui le misure di spesa introdotte per oltre 15 miliardi di euro, pur presentate come strutturali, presentano coperture finanziarie solo per l’anno 2024. Si tratta di una considerazione che solleva numerosi dubbi e incertezze sia in ordine alla loro tenuta futura, che relativamente alla possibilità di perseguire in modo credibile gli interventi di contenimento dei futuri bilanci, anch’essi annunciati e necessari. Fermo, quindi, questo giudizio sospeso, come di consueto, la manovra e i provvedimenti “di contorno” (tra tutti, il decreto milleproroghe 2024, d.l. n. 215/2023) contengono al loro interno interventi assai eterogenei in materia di lavoro e di politiche sociali in genere. Nelle considerazioni che seguono ci si concentrerà, in particolare, sulla promozione dell’occupazione, sulle misure relative al sostegno dei redditi e sugli interventi in tema di pensioni, dedicando l’ultima parte di questo contributo all’analisi di una misura a latere che, pur adottata nella prima parte dell’anno trascorso – tra l’altro tramite decretazione d’urgenza, d.l. n. 48/2023 – è destinata a [continua ..]


2. La promozione dell’occupazione

Sul fronte della promozione dell’occupazione, la legge di bilancio, chiamata a operare una riassegnazione delle risorse disponibili, non proroga le misure che erano state attivate nel 2023 e, in particolare, l’esonero contributivo per i datori di lavoro che assumono lavoratori di età inferiore a 36 anni con contratto a tempo indeterminato per la prima volta, introdotto per gli anni 2021-2023 dall’art. 1, commi 10-15, legge n. 178/2020; e l’esonero totale per le donne svantaggiate di cui all’art. 1, commi 297-299, legge n. 197/2022 [2]. Invero, e fatta eccezione per la decontribuzione per l’assunzione delle vittime di violenza di genere, la manovra sembra abbandonare la “tradizionale” tecnica di promozione selettiva dell’occupazione tramite la modulazione del tasso contributivo, alla quale normalmente ricorre per le disfunzioni generate da squilibri economici, demografici o sociali, o per promuovere l’occupazione di specifiche coorti [3]. Al di là degli obiettivi perseguiti, in effetti, gli interventi di fiscalizzazione degli oneri sociali operati nel tempo dalle leggi di bilancio succedutesi, oltre a manifestare alcuni elementi di frizione rispetto alla coerenza del sistema previdenziale risultante dalle riforme susseguitesi dal 1995 in poi [4], hanno spesso finito con il creare un coacervo normativo asistematico, scoordinato e di difficile applicazione, che ne determinano una efficacia assai contenuta [5]. Ebbene, rispetto a tale panorama, il legislatore persegue le finalità di incremento occupazionale con una tecnica differente e neutra rispetto alla coerenza del sistema previdenziale, in quanto attuata tramite una azione che si esplica non sul piano contributivo, bensì su quello tributario. La misura, contenuta in uno dei primi decreti attuativi della delega fiscale (legge n. 111/2023), consente ai datori di lavoro di dedurre da IRPEF e IRAP, il costo del personale sostenuto per le nuove assunzioni a tempo indeterminato effettuate nel corso del 2024 maggiorato del 20% (30% se le neoassunzioni riguardano soggetti svantaggiati [6]) (art. 4 d.lgs. n. 216/2023) [7]. Peraltro, l’agevolazione in parola non è strutturale, ma limitata nel suo finanziamento al solo anno 2024; se ne può dunque dedurre una limitata efficacia specie in relazione al suo porsi in contrasto con la necessità di una programmazione aziendale [continua ..]


3. Gli interventi a sostegno del reddito

Nonostante un miglioramento complessivo del quadro macroeconomico, l’anda­mento inflazionistico è rimasto elevato anche nel corso del 2023 e gli effetti sul potere d’acquisto di lavoratori e famiglie si sono confermati nella loro drammaticità. Si spiega così perché gran parte delle risorse stanziate dalla manovra di bilancio sono state destinate a misure che, latamente, hanno lo scopo di sostenere il reddito di lavoratori a fronte di uno scenario in cui la crescita dei salari nominali è rimasta indietro rispetto alla svalutazione della moneta, determinando una riduzione dei salari reali [11]. L’obiettivo è perseguito dal legislatore con nuovi interventi di “erosione” del c.d. cuneo fiscale, limitati al solo anno 2024 e operati, in particolare, sulla contribuzione a carico dei lavoratori, con salvezza, peraltro, dell’aliquota di computo del trattamento pensionistico, oltreché con misure più propriamente afferenti al diritto tributario (e delle quali non ci si occupa in questa sede [12]). La prima delle misure “previdenziali” contenute nella manovra può dirsi di portata pressoché generale, anche se, come ricorda la norma introduttiva (art. 1, comma 15, legge n. 213/2023), ha valenza “eccezionale” per il solo anno di imposta 2024. Si tratta di un abbattimento dell’aliquota contributiva IVS a carico dei lavoratori di ben 6 punti percentuali, per le retribuzioni imponibili, al netto della tredicesima mensilità, fino a 2.692 euro mensili, e di 7 punti percentuali per quelle di importo non superiore a 1.923 euro mensili. Di fatto, si tratta di un (quasi) azzeramento dell’aliquota di finanziamento dei contributi pensionistici a carico dei dipendenti che viene portata, rispettivamente, al 3,19% e al 2,19% [13]. In merito, sembra utile evidenziare che non si tratta di un meccanismo finalizzato all’incremento occupazionale, sicché, da una parte, esso trova applicazione anche ai rapporti di lavoro già in essere (compresi i rapporti di apprendistato e i contratti di lavoro a tempo determinato anche in somministrazione); e, dall’altra, la sua fruizione non è condizionata alle “normali” regole relative agli incentivi all’occupazione di cui all’art. 31, d.lgs. n. 150/2015, né del possesso del DURC, né, ancora, alla autorizzazione da [continua ..]


4. Gli ammortizzatori sociali

La legge di bilancio per il 2024 fa il “suo dovere” anche nell’ambito delle misure a sostegno del reddito in costanza di rapporto di lavoro, introducendo alcune previsioni di proroga/rifinanziamento di ammortizzatori sociali esistenti. Si tratta di misure assai eterogenee, che, anche per l’anno 2024, ricomprendono il rifinanziamento della speciale “integrazione salariale” riconosciuta ai dipendenti delle imprese di call center che non rientrano nel campo di applicazione della CIGS (art. 1, comma 168); dei trattamenti di sostegno al reddito (integrazione salariale straordinaria e mobilità in deroga) in favore dei lavoratori dipendenti da imprese operanti in aree di crisi industriale complessa (comma 170); di quelli in favore dei lavoratori sospesi dal lavoro o impiegati a orario ridotto, dipendenti da aziende sequestrate e confiscate, sottoposte ad amministrazione giudiziaria (finanziati per il triennio 2024-2026, comma 171). Parimenti, sono rifinanziate le misure di integrazione salariale per crisi aziendale e per una durata massima di 12 mesi destinate alle imprese che abbiano cessato o stiano cessando l’attività produttiva, ferma la necessità della stipulazione di un accordo sindacale presso il Ministero del lavoro (comma 172); quello destinato, in deroga alla durata ordinaria, alle imprese con rilevanza economica strategica a livello regionale (comma 174) e nazionale (con un numero di dipendenti non inferiore a 1.000, commi 175-176), con in corso piani di riorganizzazione aziendale non ancora completati in ragione della relativa complessità; nonché, infine, le integrazioni salariali destinate al sostegno delle transizioni occupazionali, derivanti da interventi straordinari di integrazione salariale per le causali di riorganizzazione e crisi aziendale. L’affastellarsi e il riproporsi di nuovi e vecchi provvedimenti di concessione di trattamenti di integrazione salariale, tutto sommato, definibili come “in deroga” alla disciplina vigente, ripropone l’“antico” tema della riforma complessiva degli ammortizzatori sociali, frustrando il disegno riformatore e razionalizzatore operato con il d.gs. n. 148/2015, che ormai pare fungere da mero pattern per interventi sempre più discrezionali e rimessi all’esistenza o meno di disponibilità finanziarie stabilite di anno in anno dal legislatore. Sul piano degli interventi [continua ..]


5. Nuovi interventi in materia pensionistica

Il versante pensionistico è certamente quello maggiormente interessato alle innovazioni prodotte dalla legge di bilancio per il 2023. Così come già avvenuto nel recente passato, infatti, il legislatore si trova anzitutto a “inseguire” la necessità – politica – di confermare gli interventi di anticipazione dell’accesso alla pensione che erano già introdotti negli scorsi anni, ma sempre in via transitoria e sperimentale e per un numero sempre più ridotto di aventi diritto [18]. Ci si riferisce, chiaramente, agli anticipi pensionistici denominati APe sociale [19], Opzione donna [20] e Quota 100 (poi 102 e 103) [21]. In merito, occorre ribadire, anzitutto, che tutte le misure summenzionate erano state immaginate in via sperimentale e transitoria e in nessun modo hanno mai prefigurato il superamento dell’assetto di accesso alla pensione di cui all’art. 24, d.l. n. 201/2011. Tuttavia, mentre i primi due interventi (APe sociale e Opzione donna) sono stati ispiranti, in qualche modo, dall’opportunità di operare in chiave per così dire “compensatoria” della maggiore gravosità di alcune situazioni dei beneficiari o, comunque, giustificati da un sacrificio imposto ai destinatari [22]; Quota 100 è sembrata subito uno strumento di captazione di consenso elettorale [23], distorsivo rispetto agli equilibri e alla tenuta del sistema pensionistico, nonché delle prospettive di equità intergenerazionale, ancora in corso di realizzazione [24]. Ferme le considerazioni ora espresse, la legge di bilancio per il 2024 conferma tutti e tre i canali di accesso anticipato a un trattamento (latamente, nel caso del­l’APe) pensionistico ora menzionati, seppur inasprendo ulteriormente i relativi requisiti di accesso. Anzitutto, dunque, viene riproposta l’Opzione donna nella versione – già “ristretta” – dello scorso anno, nella quale i requisiti contributivi e anagrafici sono accompagnati da condizioni soggettive relative alla potenziale beneficiaria [25]. L’unica novità introdotta dalla manovra di bilancio, pertanto, riguarda l’incremento del requisito anagrafico, che viene ulteriormente posticipato di un anno e portato a 61 anni, ridotti a 60 o 59 in presenza di uno o più figli; resta, inoltre, ferma la previsione di una [continua ..]


6. L’avvio dell’Assegno di inclusione

L’avvio del nuovo anno, infine, coincide con l’entrata in vigore delle norme del d.l. n. 48/2023 relative all’Assegno di inclusione (Adi). Si tratta di una mutazione funzionale del (fu) Reddito di Cittadinanza, immaginato come strumento a cavallo tra politica attiva per l’occupazione e strumento di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale [31] e “trasformato” in misura di contrasto alla povertà (destinando a finalità occupazionali il Supporto per la formazione e il lavoro). L’Adi, infatti, recupera la dimensione prettamente assistenziale dello strumento di contrasto alla povertà, pur non rinunciando, tuttavia, ad affiancarla a requisiti di “meritevolezza” rappresentati da oneri di attivazione dei soggetti beneficiari, per lo più destinati a evitare forme di esclusione sociale e marginalità [32]. Al pari del Reddito di Cittadinanza, anche l’Adi si pone come misura a tutela del nucleo familiare, imponendo la verifica della ricorrenza delle condizioni di accesso in capo all’intero nucleo familiare, nel quale deve – a mo’ di “condizione soglia” – essere presente almeno un soggetto disabile, un minorenne o un ultrasessantenne, cui, secondo le previsioni contenute nella legge di conversione, si aggiungono i soggetti in condizione di svantaggio e inseriti in programmi di cura e assistenza dei servizi socio-sanitari territoriali certificati dalla pubblica amministrazione. Ne deriva una decisa e rilevante riduzione della potenziale platea di destinatari della misura, tale da determinare un mutamente funzionale (e di referente costituzionale) rispetto al Reddito di Cittadinanza [33], che solo in minima parte è bilanciata dal dimezzamento del requisito della residenza sul territorio nazionale che, il d.l. n. 48/2023 fissa in soli 5 anni (di cui due continuativi), in luogo dei precedenti 10 [34]. Nell’ambito del nucleo familiare sono verificati i requisiti reddituali e patrimoniali [35], nonché quelli di “onorabilità” [36]. La prestazione riconosciuta è determinata secondo parametri che sono analoghi a quelli già utilizzati per il Reddito di Cittadinanza [37]. In particolare, il trattamento economico consiste in una integrazione del reddito familiare – esente da imposta – sino alla soglia reddituale di 6.000 euro [continua ..]


NOTE
Fascicolo 4 - 2023