Massimario di Giurisprudenza del LavoroISSN 0025-4959
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Atti discriminatori e onere della prova (di Giada Della Rocca)


>

Corte di Cassazione, Sez. lav., 2 gennaio 2020, n. 1 – Pres. Nobile-Rel. Arienzo

<

L’atto discriminatorio può essere provato dal ricorrente con una prova semipiena che inverte l’onere della prova.

Articoli Correlati: atti discriminatori - onere della prova

1. Il rilievo nomofilattico della sentenza in commento investe una pluralità di questioni. In effetti, si tratta di un’azione promossa da una organizzazione sindacale volta ad ottenere la declaratoria giudiziale del carattere antisindacale ed al tempo stesso discriminatorio del provvedimento con cui l’azienda predetta aveva disposto il trasferimento da una unità produttiva ad un’altra, per quanto collocata in un ambito territoriale contiguo, di ben 316 lavoratori, di cui 17 componenti del direttivo provinciale del sindacato ricorrente, tutti addetti allo stabilimento interessato. Trasferimento che l’azienda deduceva essere motivato con riferimento ad esigenze tecniche organizzative e produttive avvalorate dall’esito di una selezione fondata sul possesso da parte dei lavoratori di skills professionali ed attitudinali atti a garantire un predeterminato livello di produttività e con garanzia dell’esercizio delle prerogative sindacali in capo ai lavoratori coinvolti. Le questioni oggetto del thema decidendum sono date quindi dalla ricorrenza o meno nella specie del requisito del rilievo nazionale fondante la legittimazione ad causam dell’organizzazione sindacale ricorrente, l’ammissibilità della sovrapposizione tra l’azione repressiva della condotta antisindacale ex art. 28, legge n. 300/1970 e l’azione inibitoria degli atti di discriminazione ai sensi dell’art. 5, comma 2, d.lgs. n. 216/2003, il criterio di riparto del relativo onere della prova.   2. La prima questione, su cui in sede di merito si era registrato un contrasto digiudicati, per aver la Corte d’Appello riformato la pronunzia di primo grado che ave­va accolto l’eccezione dell’azienda convenuta, dichiarando il difetto di legittimazione attiva dell’organizzazione sindacale ricorrente, è affrontata dalla Corte di Cas­sazione avendo esclusivo riguardo al disposto dell’art. 28, legge n. 300/1970. La questione viene dunque risolta sulla base del consolidato orientamento invalso nella giurisprudenza della Corte di Cassazione con riferimento alla regola relativa alla legittimazione attiva nel procedimento per la repressione della condotta antisindacale. In base a tale orientamento il requisito del rilievo nazionale dell’organizzazione sindacale richiesto dall’art. 28, legge n. 300/1970 è il mero dato della diffusione del sindacato sul territorio nazionale, ravvisabile in relazione allo svolgimento da parte del medesimo, su un’area, non coincidente, ma tale da coprire almeno una gran parte di quel territorio, di un’azione di rappresentanza e tutela degli interessi dei lavoratori, a prescindere dall’ampiezza del numero degli iscritti e dalla effettività e rilevanza del ruolo di controparte negoziale.   3. La questione del concorso tra [continua..]