Massimario di Giurisprudenza del LavoroISSN 0025-4959
G. Giappichelli Editore

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In favore dell'etero-organizzazione come 'concetto' autonomo: timeo danos et remedia ferentes (di Edoardo Ales )


Il saggio si propone di analizzare la recente sentenza n. 1663/2020 della Corte di Cassazione evidenziandone gli alcuni passaggi problematici, in particolare con riferimento all’a­dozione dell’approccio “rimediale” all’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 81/2015 e alla rinuncia alla definizione del concetto di etero-organizzazione.

In support of hetero-organization as autonomous notion: timeo danos et remedia ferentes

The essay aims at analysing the recent decision n. 1663/020 of the Corte di Cassazione, highlighting some problematic points, with particular reference to the use of the “remedial” approach and to the renounce to define the very notion of hetero-organization.

   1. Con la sentenza n. 1663/2020 la Corte di Cassazione interviene, per la prima volta, sulla questione delle tutele giuslavoristiche applicabili ai cosiddetti rider. L’iter decisionale si è sfortunatamente sovrapposto all’intervento legislativo intercorso tra il 4 settembre e il 2 novembre 2019, sostanziatosi nel decreto legge n. 101 e nella sua legge di conversione, n. 128/2019. Detto intervento, come ampiamente noto, ha modificato sostanzialmente il quadro normativo, riformulando l’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 81/2015 e aggiungendo un intero Capo (V-bis “Tutela del lavoro tramite piattaforme digitali”) allo stesso. Per quanto riguarda i rider, l’intervento legislativo ha disegnato una disciplina che si differenzia chiaramente da quella prevista per le collaborazioni etero-organizzate, per le quali rimane vigente quanto disposto dall’art. 2, comma 1 (argomento ex art. 47 bis, comma 1, d.lgs. n. 81/2015). La pronuncia della Cassazione, necessariamente ancorata al diritto vigente al momento dell’insorgere della controversia, mentre si concede qualche digressione sul nuovo assetto dell’art. 2, comma 1, ignora completamente la disciplina specifica dettata dal Capo V-bis, presumibilmente con l’intento di non “inquinare” il proprio ragionamento sulle collaborazioni etero-organizzate, destinato a costituire un punto di riferimento per la giurisprudenza e la dottrina a prescindere dal quadro legislativo vigente per i rider. Inquadrata in questa prospettiva, la sentenza n. 1663 offre un numero notevole di spunti di riflessione, suscitando, tuttavia, al contempo, notevoli perplessità. Conviene seguirne l’iter argomentativo per meglio comprendere gli uni e le altre. All’esito di una lunga digressione volta a ricostruire la ratio degli interventi legislativi succedutisi dal 2015 in avanti in materia di collaborazioni non subordinate, la Corte si sofferma, con particolare attenzione sulle finalità antielusive, perseguite mediante l’introduzione dell’art. 2, d.lgs. n. 2015 e la modifica all’art. 409, n. 3, c.p.c. (da parte dell’art. 15, comma 1, lett. a), l. n. 81/2017), disposizioni volte a “compensare” l’abrogazione del lavoro a progetto. 2. Un primo spunto di riflessione, si riferisce all’interpretazione dell’art. 2, comma 1 (vecchio testo), il quale riguarderebbe «forme di collaborazione continuativa e personale realizzate con l’ingerenza funzionale dell’organizzazione predisposta unilateralmente da chi commissiona la prestazione» ovvero consistenti in una «prestazione del collaboratore [che] abbia carattere esclusivamente personale» le cui modalità di esecuzione, «anche in relazione ai tempi e al luogo di lavoro, [continua..]
Numero straordinario - 2020