Massimario di Giurisprudenza del LavoroISSN 0025-4959
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Il diritto agli assegni per il nucleo familiare del lavoratore somministrato assunto a tempo indeterminato anche nei periodi di vacatio (di Gian Piero Marcellini, Dottorando di ricerca in Diritto del lavoro – Università degli Studi di Macerata.)


Cassazione civile, Sez. Lav., 8 marzo 2019, n. 6870 – Pres. Manna-Rel. Riverso-P.M. Visona

Il lavoratore assunto a tempo indeterminato da un’agenzia di somministrazione di lavoro ha diritto a percepire gli assegni per il nucleo familiare anche nei periodi di attesa di assegnazione in missione presso l’utilizzatore, coperti dall’indennità di di­sponibilità. Anche durante tali fasi, infatti, permane il sinallagma funzionale tra lavoratore e somministratore, di cui segno evidente è, anzitutto, l’obbligo di quest’ul­timo di erogare e, corrispondentemente, il diritto del primo a percepire l’indennità di disponibilità. La soluzione opposta contravverrebbe alla finalità previdenziale de­gli assegni per il nucleo familiare e al principio di parità di trattamento tra lavoratori somministrati e dipendenti diretti dell’utilizzatore.

SOMMARIO:

1. I fatti di causa - 2. La permanenza del sinallagma funzionale tra lavoratore e som­ministratore anche nei periodi di vacatio - 3. Natura previdenziale degli assegni per il nucleo familiare e parità di trattamento tra lavoratori somministrati e dipendenti diretti dell’utilizzatore - NOTE


1. I fatti di causa

Con la sentenza n. 6870/2019, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto di un lavoratore assunto a tempo indeterminato da un’agenzia di somministrazione di lavoro a percepire gli assegni per il nucleo familiare per l’intera durata del rapporto, anche durante i periodi, dunque, in cui il prestatore è in attesa di essere inviato in missione presso l’impresa utilizzatrice e percepisce l’indennità di disponibilità. Prima di esaminare l’iter logico-argomentativo seguito dalla Suprema Corte per addivenire alla decisione, appare opportuno ricostruire sinteticamente i fatti all’ori­gine della controversia. L’INPS aveva impugnato la sentenza con la quale era stato riconosciuto il diritto di un lavoratore somministrato assunto a tempo indeterminato a percepire gli assegni per il nucleo familiare non solo nei periodi di assegnazione presso l’impresa utilizzatrice, ma anche in quelli di attesa tra una missione e l’altra, coperti dall’inden­nità di disponibilità. Il giudice di secondo grado ha rigettato il ricorso proposto dal­l’Ente previdenziale, individuando il presupposto per la concessione degli assegni per il nucleo familiare nell’esistenza del sinallagma lavorativo anche nella fase di di­sponibilità del prestatore. Segni inequivocabili della sussistenza della corrispettività anche nei periodi di vacatio sarebbero, difatti, l’obbligo del lavoratore di restare a di­sposizione dell’agenzia di somministrazione e quello di quest’ultima di erogare l’in­dennità di disponibilità. Avverso la sentenza, l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che l’erogazione degli assegni per il nucleo familiare sarebbe assoggettata ad una duplice condizione, non ricorrente nel caso di specie: da un lato, lo svolgimento effettivo della prestazione di lavoro, essendo la misura degli assegni modulata sulla base del lavoro concretamente prestato; dall’altro, il diritto a percepire la retribuzione.


2. La permanenza del sinallagma funzionale tra lavoratore e som­ministratore anche nei periodi di vacatio

La ragione a fondamento della decisione della Corte di Cassazione di rigettare il ricorso proposto dall’INPS si riduce essenzialmente alla considerazione della persistenza del legame funzionale tra lavoratore e agenzia di somministrazione di lavoro durante l’intero svolgimento del rapporto, permanenza descritta come “elemento caratterizzan­te della somministrazione a tempo indeterminato” (punto 2.8), o, ancora, come “elemento causale qualificante e distintivo della tipologia contrattuale” (punto 3). La sentenza pone, anzitutto, l’accento sulla scissione, originata dalla somministrazione di lavoro, tra titolarità formale del rapporto di lavoro, intercorrente tra prestatore e agenzia di somministrazione, ed effettiva utilizzazione della prestazione di lavoro, di cui beneficia l’impresa utilizzatrice [1]. Rispetto a tale dissociazione, con specifico riferimento alla somministrazione di lavoro a tempo indeterminato, si è sottolineato come l’introduzione di quest’ultima, ad opera del d.lgs. n. 276/2003 [2], abbia determinato la “‘rottura’ del principio in base al quale chi utilizza le energie di un altro soggetto va qualificato datore di lavoro” [3] e come essa sia stata percepita come un “rivolgimento dei principi fondamentali del diritto del lavoro italiano … perché la possibilità di impiegare anche a tempo indeterminato le energie di un lavoratore senza assumerlo mette in crisi l’idea del legame indefettibile tra impiego del lavoratore e imputazione all’utilizzatore del relativo rapporto, che discende già dall’art. 2094 c.c.” [4]. Similmente, con riferimento alla riforma dell’istituto operata nell’ambito del c.d. Jobs Act, vi è chi ha parlato di vera e propria “svolta culturale” rispetto all’effetto, prodotto dal d.lgs. n. 81/2015, di definitivo superamento delle “riserve indotte dall’a­tavica diffidenza del diritto del lavoro italiano per i fenomeni interpositori … legate ad un’idea di pericolosità sociale del fenomeno interpositorio in sé e per sé considerato” [5]. In ogni caso, la scissione tra titolarità del rapporto e utilizzazione della prestazione discende dalla distinzione tra i due contratti che originano dalla somministrazio­ne di lavoro: quello di lavoro [continua ..]


3. Natura previdenziale degli assegni per il nucleo familiare e parità di trattamento tra lavoratori somministrati e dipendenti diretti dell’utilizzatore

La seconda parte della pronuncia è incentrata sull’istituto dell’assegno per il nucleo familiare, definito come “prestazione economica a sostegno, anzitutto, del reddito delle famiglie dei lavoratori dipendenti o dei pensionati da lavoro dipendente, calcolata in relazione alla dimensione del nucleo familiare, alla sua tipologia, nonché del reddito complessivo prodotto al suo interno” (punto 5) [14] e il cui fondamento costituzionale è individuato nel combinato disposto degli artt. 31, 36 e 38 Cost. È evidente, dunque, la finalizzazione dell’istituto a garantire una tutela economica ai nuclei familiari che versino in stato di bisogno [15]. Ed è proprio sulla base di tale “ratio protettiva previdenziale” dell’assegno per il nucleo familiare (punto 10) [16], oltre che dei tratti specifici del rapporto di lavoro somministrato a tempo indeterminato, che si giunge alla conclusione di ritenere legittima e, anzi, obbligatoria, la corresponsione degli assegni per il nucleo familiare anche nei periodi di inattività del lavoratore somministrato assunto a tempo indeterminato, coperti dall’indennità di disponibilità. Molteplici sono le argomentazioni addotte dalla Suprema Corte a sostegno della propria tesi; in tale sede, ci si soffermerà soltanto su quelle che, ad avviso di chi scrive, risultano maggiormente rilevanti ai fini della decisione. In primo luogo, si afferma che l’art. 1, comma 1, d.P.R. n. 797/1955, c.d. T.U. in materia di assegni familiari, non può essere inteso in senso letterale [17]. Quella dispo­sizione, difatti, come, del resto, l’intero T.U. di cui è parte, è stata plasmata sul modello tradizionale del lavoro subordinato e necessita, dunque, di un’interpretazione sistematica, evolutiva e adeguatrice, che si coordini con le disposizioni relative al lavoro somministrato, introdotte solo successivamente nell’ordinamento. Un’interpre­tazione restrittiva del citato art. 1 condurrebbe, infatti, ad escludere la corresponsione degli assegni anche nei periodi di assegnazione del lavoratore somministrato, dal momento che la prestazione non è resa a beneficio del datore di lavoro che lo assume; ciò comporterebbe una palese violazione del principio di parità di trattamento, dettato dall’art. 23, comma 1, d.lgs. n. 276/2003, [continua ..]


NOTE
Fascicolo 1 - 2020