Il contributo si propone di esaminare la comunicazione della Commissione Europea del 29 settembre 2022, avente ad oggetto le linee guida sull’applicazione del diritto della concorrenza dell’Unione agli accordi collettivi concernenti le condizioni di lavoro dei lavoratori autonomi individuali. L’autrice riflette sulle novità contenute all’interno di tale atto di soft law, rispetto alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea in materia, della quale esamina i punti principali, desumibili dalle sentenze Albany e FNV Kunsten. In particolare, si sofferma sulla nozione di lavoratori autonomi individuali, sia quelli paragonabili ai dipendenti che quelli non raffrontabili a questi ultimi, sulla ratio giustificativa dell’antitrust immunity degli accordi collettivi sottoscritti dalle loro organizzazioni rappresentative e sui riflessi che le linee guida potrebbero avere sul diritto italiano.
The contribution aims to examine the European Commission’s communication of the 29th of September 2022, concerning the guidelines on the application of Union competition law to collective agreements concerning the working conditions of solo self-employed persons. The author reflects on the innovations contained within this soft law act, compared to the jurisprudence of the Court of Justice of the European Union on the matter, of which she examines the main points, deducible from the Albany and FNV Kunsten cases. In particular, she focuses on the notion of solo self-employed persons, both those comparable to employees and those not comparable to the latter, on the rationale justifying the antitrust immunity of collective agreements signed by their representative organizations and on the effects that the guidelines could have on Italian law.
1. Premessa: accordi collettivi, lavoro autonomo e diritto antitrust - 2. La prospettiva esegetica della Corte di giustizia - 3. Le linee guida della Commissione: la nozione di lavoratori autonomi individuali - 4. Segue. Gli autonomi individuali paragonabili e non paragonabili ai dipendenti - 5. La ratio giustificativa dellantitrust immunity - 6. Conclusioni: i riflessi delle linee guida sul diritto italiano - NOTE
La comunicazione della Commissione Europea del 29 settembre 2022 desta interesse, perché riprende la materia dell’estensione della protezione sociale ad alcune tipologie di prestatori d’opera, quale eccezione alla normativa euro-unitaria antitrust [1]. Le linee guida hanno ad oggetto l’esenzione degli accordi collettivi sul rapporto di lavoro dei c.d. ‘autonomi individuali’ dal divieto di patti lesivi del libero commercio nel mercato interno [2] (101.1 TFUE – ex art. 85 TCE). Il tema non è nuovo, poiché, come vedremo, è stato trattato dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea (d’ora in poi ‘Corte di giustizia’), che si è pronunciata sulle intese collettive dei c.d. ‘falsi autonomi’. Occorre precisare, tuttavia, che sia le prime che la seconda si riferiscono esclusivamente alla contrattazione collettiva nazionale, perché quella sovranazionale difficilmente entra in rotta di collisione con la disciplina euro-unitaria sulla concorrenza [3]. L’indagine si propone di verificare se la Commissione modifica l’elaborazione dei giudici di Lussemburgo sulla compatibilità tra gli accordi collettivi degli autonomi in questione e le norme antitrust, la integra o si limita a riproporla. Per centrare l’obiettivo appare necessario soffermarsi sulla giurisprudenza della Corte di giustizia in materia tra la fine degli anni Novanta e il secondo decennio del XXI secolo. Secondariamente, occorre dedicarsi alle linee guida, che meritano attenzione per via del frequente richiamo alle sentenze dei giudici di Lussemburgo. In particolare, non si può non esaminare la nozione di ‘lavoratori autonomi individuali’, delineandone gli elementi essenziali e gli eventuali punti critici. Inoltre, si reputa necessario domandarsi quale sia l’approccio della Commissione Europea in merito all’antitrust immunity dei patti professionali in commento, ossia la sua ratio giustificativa. Infine, non si può trascurare di verificare quali riflessi la comunicazione può avere nel sistema giuridico italiano, una volta chiarita la posizione assunta al riguardo dall’Autorità Nazionale Antitrust.
Posto che le linee guida si innestano nel solco della questione dell’applicazione della disciplina sulla concorrenza alla negoziazione collettiva degli autonomi, prima di entrare nel cuore della trattazione occorre occuparsi della giurisprudenza della Corte di giustizia. I giudici di Lussemburgo ragionano sulla compatibilità delle intese tra imprese con l’art. 101.1 del TFUE e, in Albany, si concentrano sui contratti collettivi, quali species del genus ‘pratiche concordate di fissazione del prezzo dei servizi da esse offerti’ [4]. In particolare, si soffermano su quelli tra datori di lavoro e dipendenti, che, anche se restrittivi della concorrenza, sono volti a migliorarne le condizioni di lavoro [5]. Ciò significa che esulano dal divieto di cui all’art. 101.1 del TFUE, ossia “non violano il diritto della concorrenza dell’Unione (“l’eccezione Albany”)” [6]. Data l’assenza di una nozione europea di lavoratore subordinato, la desumono da quella d’impresa, da essi stessi precedentemente elaborata per la medesima ragione. Posto che riconducono alla ‘impresa’ chiunque esercita un’attività economica e opera in maniera indipendente sul mercato [7], infatti, considerano ‘lavoratori subordinati’ coloro che sono privi di tale status [8]. Per quanto concerne l’applicazione dell’art. 101.1 del TFUE alle convenzioni collettive dei lavoratori autonomi, invece, la Corte di giustizia prende posizione nella sentenza FNV Kunsten [9]. Dato che il diritto euro-unitario non distingue la nozione di lavoro autonomo da quella d’impresa, infatti, i primi sono ricondotti, tendenzialmente, nell’ambito delle seconde. La ragione è che “offrono i loro servizi dietro corrispettivo in un determinato mercato ed esercitano la loro attività come operatori economici indipendenti” [10]. Pertanto, la Corte include gli accordi collettivi che li riguardano tra quelli soggetti alla disciplina sulla concorrenza, perché li equipara ai patti tra imprese euro-unitarie sul compenso dovuto ai prestatori d’opera [11]. Tuttavia, estende la ‘eccezione Albany’ a quelli dei ‘falsi autonomi’, spostando inspiegabilmente l’attenzione dal diritto euro-unitario della concorrenza al diritto del lavoro [12]. La premessa è che la [continua ..]
Il cuore dell’indagine è costituito dalla comunicazione del 2022, che si occupa della materia in base allo schema di classificazione degli accordi collettivi conclusi tra gli autonomi individuali e la rispettiva controparte o le rispettive controparti. Le linee guida fanno parte di un ‘pacchetto’ di misure destinate ai lavoratori su piattaforma, il ‘Platform Work Package’ (d’ora in poi ‘PWP’), varato dalla Commissione nel 2021 e dedicato al miglioramento delle condizioni di lavoro di questi ultimi e alla crescita sostenibile delle piattaforme nell’Unione Europea [25]. Partendo da tale premessa, infatti, le stesse definiscono i principi necessari alla valutazione, ex art. 101.1 del TFUE, delle convenzioni collettive tra i citati prestatori d’opera e la controparte o le controparti sulla determinazione del compenso spettante ai primi [26]. Con la comunicazione, dunque, la Commissione Europea tenta di centrare gli obiettivi sociali alla base dell’eccezione alla normativa sulla concorrenza (art. 3.3 TUE, art. 9 TFUE e art. 152 TFUE), consistenti nel superamento dello squilibrio contrattuale tra tali autonomi e il committente. Poste queste premesse, si ritiene che le linee guida, come la giurisprudenza della Corte di giustizia, consistano in «un tentativo di rendere il diritto della concorrenza più sensibile ai bisogni di tutela che emergono nella realtà socioeconomica» [27]. Il problema è dato dalle ripercussioni esegetiche che potrebbero scaturire dalle criticità che sono loro proprie e che, talvolta, coincidono con quelle della sentenza Albany [28]. Un’anomalia degna di nota è data dal fatto che, secondo le linee guida, le intese collettive sono esenti dalla normativa sulla concorrenza se, per la loro natura e il loro oggetto, riguardano lo status negoziale degli autonomi individuali [29]. Sulla base di dato testuale qualcuno ipotizza che l’esonero dal divieto si applichi a tutte le convenzioni collettive riferibili a questi ultimi e non solo a quelle volte a eliminare o ridurre tale squilibrio contrattuale [30]. La ‘lettura’ non convince, perché trascura che, in generale, gli accordi collettivi perseguono quel fine e che, se, per assurdo, la realtà fosse diversa, quelli facenti capo a tali prestatori d’opera solo in quel caso sarebbero esenti dalle norme sulla [continua ..]
Un fattore al quale occorre prestare un’attenzione particolare è la distinzione degli autonomi individuali nelle due tipologie menzionate, riguardanti, rispettivamente, quelli paragonabili ai dipendenti e quelli che non sono accostabili a questi ultimi. La prima tipologia comprende i prestatori d’opera che si trovano in una situazione analoga a quella dei lavoratori subordinati, così intesi indipendentemente dal fatto che soddisfino anche i criteri che, per la Corte di giustizia, servono per essere considerati ‘falsi autonomi’ [37]. La nozione non è completa se non si segnala l’ulteriore tripartizione tra coloro che: a) versano in condizioni di dipendenza economica [38]; b) sono occupati accanto ai dipendenti [39]; c) operano mediante piattaforme [40]. Nell’economia del presente studio non ci si può soffermare, per ragioni di spazio, sulla distinzione tra le species menzionate. Basti dire che la terminologia usata si rivela incerta sul piano giuridico, poiché la classificazione si fonda su criteri che non consentono di distinguerle in base allo status professionale degli autonomi riconducibili a ciascuna di esse. Si avanzano dubbi, infatti, sull’impiego, a tale scopo, dei requisiti della dipendenza economica da un committente [41], delle mansioni svolte in sede di esecuzione della prestazione [42] e della fornitura di servizi mediante alcune tipologie di piattaforme [43]. Appare presumibile che tale incertezza sia da ascrivere alla scelta della Commissione di servirsi di un lessico generico per soddisfare le esigenze dei diversi sistemi regolativi nazionali. L’unico dato certo, sul piano tecnico-giuridico, è da ricercare nel fatto che gli operatori economici che la comunicazione paragona ai lavoratori subordinati coincidono con quelli definiti dalla Corte di giustizia come ‘falsi autonomi’. Si reputa innegabile, infatti, che entrambe le espressioni attengano a coloro che, pur non connotandosi come dipendenti, sono privi di indipendenza sul mercato, per cui sono accostati ai lavoratori subordinati [44]. Tuttavia, la formula presente nelle linee guida, a differenza di quella di “falso autonomo”, non solo non risulta traviante, poiché non rimanda al lavoro subordinato simulato, ma si rivela appropriata per la fattispecie in parola, che si rifà all’art. 101.1 del TFUE [45]. [continua ..]
La previsione, da parte delle linee guida, delle due citate tipologie di autonomi individuali induce a domandarsi quale sia il minimo comun denominatore tra loro e, di conseguenza, la ratio giustificativa dell’antitrust immunity dei loro accordi collettivi. Secondo la comunicazione della Commissione, com’è noto, il riconoscimento del diritto di negoziazione collettiva ai prestatori d’opera in questione, quale eccezione all’interdizione ex art. 101.1 del TFUE, trova spiegazione nello stato di debolezza di questi ultimi rispetto alla controparte o alle controparti. È noto anche che le convenzioni collettive degli autonomi individuali perseguono il miglioramento delle loro condizioni di lavoro, perché, essendo fragili, questi ultimi non sono in grado di negoziare alla pari col committente o coi committenti ai fini della loro determinazione. Appare, dunque, verosimile che la situazione di debolezza contrattuale sia comune alle due diverse tipologie di autonomi individuali e che, quindi, giustifichi l’esenzione dei loro accordi collettivi dalla normativa euro-unitaria antitrust. Si reputa irrilevante, invece, che, pur versando in una situazione analoga, quelli paragonabili ai dipendenti siano privi dello status d’impresa e che quelli appartenenti alla seconda tipologia, al contrario, rientrino nella nozione euro-unitaria d’impresa. Ciò significa che la Commissione non tiene conto della dipendenza economica dei primi dal committente né del fatto che i secondi sono operatori economici indipendenti, giustificando in base alla comune condizione di inferiorità negoziale la sottoposizione dei loro accordi collettivi all’antitrust immunity. Poste queste premesse, i numerosi richiami allo stato di debolezza delle due tipologie di prestatori d’opera in questione meritano attenzione, perché consentono di individuare con precisione le manifestazioni dello squilibrio di potere contrattuale riscontrabili nel rapporto di lavoro con la rispettiva controparte o le rispettive controparti. Si ritiene che l’assenza di indipendenza economica sul mercato non influisca significativamente sulla capacità negoziale dei primi, i quali non risultano necessariamente più deboli dei secondi in sede di gestione delle trattative. Come emerge dalla comunicazione, infatti, anche gli autonomi individuali non paragonabili ai lavoratori subordinati possono trovarsi ad [continua ..]
Un’ultima riflessione alla quale si reputa opportuno dedicare spazio riguarda gli effetti che le linee guida possono produrre nel sistema giuridico italiano, sul presupposto che le medesime non sono vincolanti per gli Stati membri, tanto che lasciano impregiudicate le prerogative di questi ultimi in tema di politica sociale e l’autonomia delle parti sociali [65]. Posto che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato non si è pronunciata su di esse e non è detto che lo faccia, ci si chiede se tali orientamenti aprano spazi inediti di negoziazione collettiva nel sistema intersindacale italiano dal punto di vista della normativa sulla concorrenza [66]. Anche se i contratti collettivi per prestazioni di lavoro autonomo, come vedremo, sono parte del contesto ordinamentale nazionale, la questione della loro compatibilità col diritto europeo antitrust desta interesse, perché non sembra essere ancora emersa nell’esperienza pratica [67]. La stessa logica pare potersi riscontrare nel diritto positivo spagnolo, che non prevede l’esenzione dalla disciplina antitrust delle intese collettive di una figura giuridica intermedia tra il lavoratore subordinato e il lavoratore autonomo [68]. Tuttavia, analogamente a quello italiano, riconosce il diritto costituzionale di contrattazione collettiva ai summenzionati ‘trabajadores autónomos económicamente dependientes’ [69] (art. 11, ley 11 luglio 2007, n. 20 – LETA). L’analogia trova spiegazione nel fatto che, talvolta, la legge italiana, anche se non contempla una tipologia giuridica costituente una via di mezzo tra il lavoratore subordinato e il prestatore d’opera, fa cenno alla libertà sindacale di alcune species di autonomi nell’ambito della disciplina ad essi riservata [70]. Si pensi, in primo luogo, ai contratti collettivi dei collaboratori etero-organizzati, che sono richiamati quale eccezione alla regola della applicazione, a loro favore, della disciplina sul rapporto di lavoro subordinato [71] (art. 2, commi 1 e 2, d.lgs. 15 giugno 2015 n. 81). Un secondo esempio è costituito dai ciclofattorini, poiché secondo la legge, che li qualifica espressamente come lavoratori autonomi, il loro compenso può essere determinato dagli accordi collettivi [72] (art. 47-quater, d.lgs. n. 81/2015). Ciò non significa, evidentemente, che la [continua ..]