Corte costituzionale, sent. 10 gennaio 2023-23 febbraio 2023, n. 26 – Pres. Sciarra – Rel. Antonini
< >È costituzionalmente illegittimo l'art. 15, comma 5, secondo periodo, della legge reg. Calabria n. 11/2004. il quale stabilisce che gli incarichi di direttore sanitario e di direttore amministrativo delle aziende del servizio sanitario regionale «hanno comunque termine ed i relativi rapporti di lavoro sono risolti di diritto, nell'ipotesi di cessazione, per revoca, decadenza, dimissioni o qualsiasi altra causa, del direttore generale». L'automatismo di tale disposizione, con la mancata previsione di una fase procedurale che faccia dipendere la decadenza da pregressa responsabilità del dirigente, comporta una vera e propria discontinuità della gestione, che, risultando priva di una motivata giustificazione, si pone in contrasto con il principio del buon andamento dell’azione amministrativa di cui all'art. 97 Cost.
<1. La questione sottoposta al vaglio della Corte - 2. Lo spoil system nella giurisprudenza costituzionale - 3. La decisione della Corte - 4. La valutazione della decisione - NOTE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte costituzionale è stata chiamata a risolvere la questione di costituzionalità sollevata dalla Corte di Cassazione – Sezione Lavoro, che ha dubitato, in riferimento agli artt. 97, comma 2, e 98, comma 1, Cost., della legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 5, secondo periodo, della legge reg. Calabria 19 marzo 2004, n. 11/2004 (Piano Regionale per la Salute 2004/2006), il quale stabilisce che gli incarichi di direttore sanitario e di direttore amministrativo delle aziende del servizio sanitario regionale «hanno comunque termine ed i relativi rapporti di lavoro sono risolti di diritto, nell’ipotesi di cessazione, per revoca, decadenza, dimissioni o qualsiasi altra causa, del direttore generale». Secondo il Giudice a quo, la previsione vagliata contrasterebbe con il principio del buon andamento di cui all’art. 97, comma 2, Cost., andando a pregiudicare l’esigenza di assicurare con continuità l’espletamento delle funzioni affidate al direttore sanitario e a quello amministrativo, ancorando l’interruzione anticipata dei relativi rapporti alla cessazione del direttore generale e dunque prescindendo dalla sussistenza di ragioni, da valutare con le garanzie del giusto procedimento, legate alle concrete modalità di svolgimento degli incarichi. Per la Corte di Cassazione il meccanismo di sostanziale decadenza automatica, oggetto della norma impugnata, violerebbe, inoltre, l’art. 98, comma 1, Cost., che impone ai pubblici impiegati un dovere di neutralità.
Le previsioni (contenute in leggi statali e regionali) miranti ad attribuire alla politica la facoltà di scelta dei dirigenti posti al vertice delle pubbliche amministrazioni sono state ripetutamente poste al vaglio della Corte costituzionale [1] che, con l’eccezione dei dirigenti coinvolti nella formazione dell’indirizzo politico, ha ritenuto non conforme a Costituzione, per violazione degli artt. 97 e 98 Cost. [2] i meccanismi di spoil system [3]. Le motivazioni assunte dalla Corte per affermare l’illegittimità costituzionale delle norme vagliate, si sono concentrate sul tema della garanzia dei destinatari dell’azione amministrativa, assumendo, comunque, rilevante anche l’esigenza di tutela della posizione dei singoli dirigenti interessati [4]. Rispetto a tale ultimo profilo, la Corte, per un verso, ha sostenuto che il dirigente può essere rimosso solo per accertate responsabilità «all’esito di un procedimento di garanzia puntualmente disciplinato», dovendo, quindi essere, «comunque garantita la presenza di un momento procedimentale di confronto dialettico tra le parti»; per altro verso, ha rilevato che risulta fondamentale la “preventiva fase valutativa”, in modo da fare sì che l’agire del dirigente possa realizzarsi in ossequio al precetto costituzionale della imparzialità della stessa azione amministrativa [5]. La disciplina sullo spoil system, secondo la Corte, manifesta, inoltre, maggiori criticità ove ci si collochi nell’ottica della tutela dei destinatari dell’azione amministrativa, giacché il regime in esame si configura come lesivo della continuità di tale azione, che viene ad essere interrotta dall’automatica rimozione dei dirigenti, configurandosi un vulnus ad un «principio (…) che è strettamente correlato a quello di buon andamento dell’azione stessa» [6]. Gli indirizzi argomentativi della Corte vanno, quindi, ad innervarsi sui due principi dell’art. 97 Cost., comma 1: per un verso il buon andamento, leso dal vulnus alla continuità dell’azione amministrativa, conseguente all’automatica cessazione delle funzioni dirigenziali correlata al mero turn-over politico[7]; per l’altro, il principio di imparzialità dell’azione amministrativa, che, comunque, osta ad una disciplina in [continua ..]
La decisione in commento richiama, però, i più recenti arresti della Corte costituzionale e, in particolare, la sentenza n. 224/2010, resa con riferimento ad una normativa della Regione Lazio che legava in modo automatico, secondo il principio simul stabunt, simul cadent, la sorte di una figura non apicale, il direttore amministrativo, a quella del direttore generale delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere. Quest’ultima sentenza ha dato risalto, da un lato, alle «esigenze dell’Amministrazione ospedaliera concernenti l’espletamento con continuità delle funzioni dirigenziali proprie del direttore amministrativo, e, dall’altro lato, alla tutela giudiziaria, costituzionalmente protetta, delle situazioni soggettive dell’interessato, inerenti alla carica». Per la Corte poi, all’interno di un contesto normativo che, oltretutto, prevedeva «un particolare iter procedimentale di garanzia per il direttore amministrativo», risultava ingiustificata, e in fondo anche contraddittoria, l’omessa considerazione delle medesime esigenze da parte della norma regionale censurata, che stabiliva invece un mero meccanismo di decadenza automatica. Quest’ultimo è stato, quindi, ritenuto in contrasto con il principio di buon andamento dell’azione amministrativa sancito dall’art. 97, comma 2, Cost. Tali conclusioni vengono estese dalla Corte anche con riferimento alla disciplina della Regione Calabria che «facendo decorrere la cessazione degli incarichi del direttore amministrativo e di quello sanitario dalla cessazione del vecchio direttore generale, stride, ancor più sotto tale profilo, con l’esigenza di continuità dell’azione amministrativa». Secondo la Corte, infatti, «in forza della specifica modalità con cui è strutturato il principio simul stabunt, simul cadent dall’art. 15, comma 5, secondo periodo, della legge reg. Calabria n. 11/2004, l’ente risulta esposto al rischio di subire un periodo di discontinuità gestionale, in ipotesi anche prolungato, in cui il vacuum finisce addirittura per riguardare tutti i tre i direttori preposti, secondo le loro rispettive competenze, al governo dell’ente stesso». La sentenza in commento ripropone le statuizioni della sentenza n. 224/2010 anche sotto un altro profilo. Per la Consulta, infatti, la [continua ..]
La decisione in commento si pone in piena continuità con gli indirizzi della giurisprudenza costituzionale sul tema dello spoil system, che sono stati ampiamente citati dalla stessa Corte nel corpo della motivazione. Si segnala, però, rispetto agli altri precedenti, una particolarità riferibile alla Regione Calabria e cioè che le considerazioni sin qui ricostruite vengono fatte valere anche con riferimento ad una situazione, quale quella calabrese, di commissariamento statale del servizio sanitario regionale. La Corte, in particolare, ha ritenuto di confermare l’illegittimità costituzionale dell’automatismo della decadenza degli incarichi dei direttori sanitari e amministrativi nonostante tale specifica condizione, assumendo che quest’ultima non interferisca “con la particolare prospettiva in cui, in tali contesti, viene in causa il principio del buon andamento della pubblica amministrazione, e in particolare con quanto chiarito nella sentenza n. 168/2021, per cui il potere sostitutivo, “in situazioni estreme come quella in oggetto, non può essere certo attuato attraverso il mero avvicendamento del vertice, senza considerare l’inefficienza dell’intera struttura sulla quale tale vertice è chiamato a operare in nome dello Stato’”. Tale posizione della Corte non è certamente scontata, in quanto lo stato di crisi in cui versa l’amministrazione sanitaria calabrese avrebbe potuto favorire una decisione meno conservativa rispetto ai precedenti giurisprudenziali citati nel presente commento. Una tale soluzione, però, è stata correttamente esclusa dalla Consulta, proprio assumendo che il non efficiente andamento dell’amministrazione non possa essere risolto con l’introduzione di un automatico cambio della dirigenza apicale, la cui esclusione, peraltro, in violazione del principio di continuità dell’azione amministrativa, potrebbe determinare criticità organizzative ulteriori rispetto al grave stato di crisi gestionale ed economico-finanziaria che ha reso necessario il ricorso al commissariamento.