Tribunale di Roma, Sez. II lav., sentenza 31 marzo 2022 – Dott. Ottavio Picozzi
< style="text-align: justify;">Ai fini dell’osservanza degli artt. 19 d.lgs. 175/2016 e 35 d.lgs. 165/2001, è sufficiente che i componenti della commissione abbiano avuto accesso ai locali in cui si svolge la prova di lingua straniera, non essendo indispensabile che essi siano presenti all’esame di ciascun singolo candidato; in assenza di differenti previsioni contenute nel bando, non occorre che il candidato, l’esaminatore per la lingua straniera o gli altri membri della commissione sottoscrivano schede di valutazione; neppure è dato rinvenire un obbligo di sorteggio delle domande o di affissione / pubblicazione del verbale all’esito di ciascuna singola prova; la violazione dei criteri di trasparenza, pubblicità ed imparzialità dev’essere specificamente dedotta e provata in sede giudiziale dalla parte (ricorrente) che si dolga degli esiti di una procedura selettiva per il reclutamento presso una società a partecipazione pubblica; il giudice non può sostituirsi al datore di lavoro nella valutazione del contenuto del bando di concorso, nella determinazione delle relative procedure attuative, nella scelta dei criteri di selezione né, ancora, nel merito del giudizio dei singoli candidati; l’art. 1, comma 1096, legge n. 205/2017 ha una portata meramente autorizzatoria e, pertanto, deve interpretarsi nel senso che R.A.I. s.p.a. ha facoltà di attingere alle precedenti graduatorie, ancorché scadute, in aggiunta al potere di promuovere nuove selezioni di personale.
< style="text-align: justify;">
Tribunale di Brindisi, Sez. lav., sentenza 8 aprile 2022 – Dott.ssa Maria Forastiere
< >Nel giudizio avente ad oggetto il punteggio assegnato ai candidati in sede di procedura selettiva per il reclutamento del personale, non possono trovare ingresso le censure tese a far valere i vizi tipici dell’azione amministrativa, quali l’eccesso di potere o la carenza di motivazione;
è conforme ai canoni di correttezza, trasparenza ed imparzialità la condotta della società che abbia rappresentato le ragioni poste alla base di una revisione generale della graduatoria, secondo criteri valevoli per tutti i candidati e prima di attingere ad essa; non essendo astrattamente configurabile un’esigenza pubblica alla conservazione di un atto a contenuto errato, conformemente al canone fondamentale di correttezza e buona fede, sussiste un obbligo di provvedere alla rettifica della graduatoria;
la natura doverosa della rettifica impone peraltro solo che la motivazione dia conto dell’errore di fatto commesso.
< 1. Da ormai svariati anni le società a partecipazione pubblica rappresentano un crocevia di interrogativi e questioni, interessando una pluralità di branche del diritto. Come noto e come pure facilmente intuibile, ciò deriva dalla difficile coesistenza tra il modello societario e la natura pubblica dei soci e, parallelamente, si traduce in una continua ricerca dell’esatta cornice giuridica cui fare riferimento, anche laddove vengano in rilievo aspetti relativi ai rapporti di lavoro da instaurare o instaurati con le predette società. Da un lato, infatti, l’osservanza delle regole di diritto comune presidia l’assetto concorrenziale del mercato [1]; dall’altro lato, però, il complesso di principi, vincoli e poteri ascrivibili alle pubbliche amministrazioni viene ad essere giustamente evocato per i considerevoli effetti che la partecipazione societaria può produrre rispetto al conseguimento dell’interesse pubblico [2]. Le due decisioni in commento s’inseriscono esattamente in questo contesto, sollevando problematiche di sufficiente predeterminazione e di concreta operatività delle garanzie offerte dall’ordinamento alle aspettative di coloro i quali si sottopongono a verifiche di tipo comparativo ai fini dell’assunzione (con rapporto di lavoro a termine o a tempo indeterminato). 2. È bene, sin da subito, sottolineare come si tratti di due pronunce rese nel pieno vigore dell’art. 19 d.lgs. n. 175/2016. Esse, dunque, si collocano in una fase storica caratterizzata dall’intervento del legislatore, sia per quanto riguarda l’autorità giudiziaria munita di giurisdizione (il giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro), sia per quel che concerne le conseguenze dell’inosservanza delle stesse norme stabilite per il reclutamento (nullità del contratto di lavoro, con contestuale applicazione dell’art. 2126 c.c.). A quest’ultimo proposito, occorre ricordare che, prima del Testo Unico, la giurisprudenza aveva espresso orientamenti opposti circa la portata delle disposizioni contenute nell’art. 18 d.l. n. 112/2008, essendo sorto il dubbio circa la possibilità di conversione giudiziale a tempo indeterminato di rapporti di lavoro relativi a soggetti, in origine, assunti con contratto a termine. Dunque, il legislatore del 2016, con disposizioni aventi anche valenza chiarificatrice della disciplina previgente [3], ha reso esplicita una conseguenza già desumibile dai principi in tema di nullità virtuali (art. 1418, comma 1, c.c.). Tale situazione è ravvisabile quando una procedura selettiva sia del tutto mancata oppure nel caso di reclutamento preceduto da procedure selettive riservate, che pertanto abbiano escluso o ridotto irragionevolmente la possibilità di accesso dall’esterno [4]. In questi frangenti, quindi, non [continua..]