Massimario di Giurisprudenza del LavoroISSN 0025-4959
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L´imponibilità dell´indennità sostitutiva del preavviso: la scelta di licenziare è irretrattabile dalle parti (di Emilio Rocchini, Ricercatore di Diritto del lavoro – Università degli Studi Link Campus University)


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Cassazione civile, Sez. lav., sentenza 13 maggio 2021, n. 12932

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È nel momento stesso in cui il licenziamento acquista efficacia che sorge il diritto del lavoratore all’indennità sostitutiva del preavviso e la conseguente obbligazione contributiva su tale indennità: se poi, successivamente, il lavoratore licenziato rinunci al diritto all’indennità, tale rinuncia non potrà avere alcun effetto sull’ob­bligazione pubblicistica, preesistente alla rinuncia e ad essa indifferente perché il negozio abdicativo proviene da soggetto (il lavoratore) diverso dal titolare (INPS).

< 1. Con un approccio che non pare rispondere appieno alla domanda del ricorrente, la Cassazione afferma che, una volta sorto il diritto all’indennità sostitutiva del preavviso in conseguenza della comunicazione del licenziamento, a nulla rileva a fini previdenziali il conseguimento di un accordo transattivo con cui le parti dispongano la risoluzione consensuale del rapporto in epoca successiva alla risoluzione precedentemente comunicata, con conseguente “rinuncia” al preavviso. La vicenda origina dal licenziamento di alcuni dirigenti da parte di un istituto di credito, intimato con la formula del recesso immediato e l’assunzione della corrispondente obbligazione di pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso contrattualmente dovuto [1]. Al recesso aveva fatto seguito una trattativa tra le parti, risoltasi con la pattuizione di una risoluzione consensuale con riconoscimento di un incentivo all’esodo ed espressa rinuncia da parte dei lavoratori, in particolare, del preavviso e della relativa indennità sostitutiva. È bene evidenziare che, sebbene non fosse espressamente concordata la revoca del precedente licenziamento, le transazioni stipulate con ciascun dirigente stabilivano il ripristino del rapporto (cui conseguiva il pagamento delle retribuzioni medio tempore maturate e il versamento dei relativi contributi previdenziali) e una nuova decorrenza della cessazione, successiva non solo alla data del licenziamento già intimato, ma addirittura a quella in cui era stata siglata l’intesa con la banca. A valle della vicenda transattiva, i servizi ispettivi dell’INPS avevano avanzato la richiesta di pagamento dei contributi sull’indennità di mancato preavviso, nel presupposto che la stessa, rectius l’obbligazione contributiva su di essa gravante, si fosse perfezionata al momento del ricevimento da parte di ciascun dipendente della lettera di licenziamento, restando indifferente, detta obbligazione, rispetto alla successiva evoluzione dei fatti. Ne era nato un contenzioso avanti il Tribunale di Siena, che negava la sussistenza dell’obbligo contributivo. Successivamente, però, in sede di gravame, la Corte di Appello di Firenze accoglieva la tesi dell’ente previdenziale, sostenendo che i rapporti dei dirigenti coinvolti si fossero effettivamente risolti con la comunicazione del licenziamento e che, pertanto, l’indennità di mancato preavviso fosse dovuta sin da quella data, non potendosi riscontrare, nella fattispecie esaminata, una ipotesi di revoca del licenziamento, con mutazione del titolo della risoluzione e posticipo degli effetti della stessa. Secondo la sentenza 20 dicembre 2017, n. 1282 della Corte di Appello di Firenze [2] oggetto dell’esame della Cassazione, in effetti, la mancata previsione di una espressa revoca del licenziamento intimato ai dirigenti in questione, ha comportato che [continua..]