Massimario di Giurisprudenza del LavoroISSN 0025-4959
G. Giappichelli Editore

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L'art. 2, d.lgs. n. 81-2015 e gli indicatori della subordinazione non codificati (di Enrico Gragnoli )


Il saggio ripercorre l’evoluzione normativa e interpretativa sull’art. 2, d.lgs. n. 81/2015, alla luce della riforma operata dal decreto legge n. 101/2019 e della sentenza della Corte di Cassazione n. 1663/2020. In questo quadro, l’A. rileva l’irrazionalità della norma, che, non richiamando indici predefiniti, perde qualsiasi componente selettiva, e rimanda, di fatto, al soggettivismo del giudice.

Art. n. 2, legislative decree n. 81-2015 and the not codified indices of salaried employment

The essay highlights the regulatory and interpretative evolution of art. 2, Legislative decree n. 81/2015, pursuant to the reform carried out by decree-law n. 101/2019 and the ruling of the Court of Cassation n. 1663/2020. In this perspective, the A. describes the irrationality of a rule devoid of codified indices that loses any selective element and – in fact – refers to a subjective assessment of the judge.

   
SOMMARIO:

1. L'impegno ricostruttivo della recente decisione di legittimità - 2. Gli indici rilevanti nell'impianto dell'art. 2 del decreto n. 81-2015 - 3. Il mancato riferimento ai tempi e ai luoghi e le conseguenze sul­l'applicazione dell'art. 2 del decreto n. 81-2015 - 4. La cosiddetta etero-organizzazione e il nuovo art. 2 del decreto n. 81-2015 - NOTE


1. L'impegno ricostruttivo della recente decisione di legittimità

Con riguardo alla decisione recente sull’art. 2, d.lgs. n. 81/2015, molta attenzione si è concentrata sulla sorte degli incaricati delle consegne a domicilio, del resto considerati da un intervento normativo sorprendente, come il decreto legge n. 101/2019, convertito nella legge n. 128/ 2019 [1]. Più importante è il complessivo inquadramento dell’art. 2 [2], con un impatto su fattispecie assai più numerose, oltre tutto non presidiate dal decreto legge n. 101/2019. Qualche anno fa, un allegato a questa Rivista ha cercato una ricognizione delle diverse posizioni e, se qualcuno ha pazienza, si può chiedere quali Autori avessero fatto riferimento al concetto di indici [3], ora ripreso con chiarezza [4]. In particolare, come a ragione si era sostenuto (e come, secondo verosimiglianza, diventerà diritto pretorio, almeno per un certo periodo di tempo), si deve cogliere nell’art. 2 «un indicatore legale della natura effettivamente subordinata della prestazione e perciò un criterio di qualificazione della fattispecie» [5] e la norma si limita a contribuire, in modo creativo, all’analisi dell’art. 2094 c.c., senza aggiungere la categoria dell’etero-organizzazione [6], ma dando indicazioni imperative su una delle possibili applicazioni dell’art. 2094 c.c. Nella valutazione dei rapporti inerenti a una “collaborazione” personale, al fine di stabilire se sia subordinata [7], per l’art. 2, comma 1, si deve considerare l’organizzazione delle “modalità di esecuzione” a opera del committente. Fermo il superamento del lavoro a progetto [8], con il conseguente ritorno all’esclusiva valutazione ai sensi dell’art. 2094 c.c., l’art. 2, comma 1, invita a dare spazio a un elemento meritevole già in passato di apposito esame, ma visto ora come prioritario. Qualora le “modalità di esecuzione” siano “organizzate dal committente”, il negozio è subordinato, in contrasto con la sua stessa lettera, se fa propendere per una opposta soluzione, o se non si identifica l’esercizio dei poteri. L’organizzazione delle modalità di esecuzione non coincide con la subordinazione in senso proprio, ma non identifica neppure un ulteriore negozio, aggiuntivo a quello dell’art. [continua ..]


2. Gli indici rilevanti nell'impianto dell'art. 2 del decreto n. 81-2015

Se, «al verificarsi delle caratteristiche delle collaborazioni individuate dall’art. 2, comma primo (...), la legge ricollega imperativamente l’applicazione della disciplina della subordinazione» [17], resta da stabilire in che cosa consista la etero-organiz­zazione, e la decisione ne dà una lettura condizionata dal decreto legge n. 101/2019, con l’eliminazione dell’espressione «anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro» [18]. La soluzione ha un merito pratico evidente, a prezzo di una interpretazio­ne forzata. Infatti, si eliminano qualunque discrasia e ogni problema di successione di norme nel tempo nel paragone fra le due stesure dell’art. 2, comma 1, rendendo omogenea la sua interpretazione, a prescindere dal decreto legge n. 101/2019. Per converso, prima di tutto sul piano lessicale, a guardare il testo originario, la congiunzione “anche” aveva valore non di esemplificazione [19], ma di chiarimento del contenuto necessario del precetto [20]. Seppure fondamentale per la soluzione della controversia, la questione ha ... carattere storico, poiché le tesi della pronuncia si adattano alla stesura attuale e cercano proprio di portare a una lettura coerente della disposizione, a prescindere dalla sua evoluzione [21]. Se l’art. 2 non introduce alcuna presunzione [22], il percorso di qualificazione non è «più rimesso al prudente apprezzamento del giudice ma imposto allo stesso giudice senza possibilità di scelta qualora sussistano tutti i requisiti» [23], tanto che si è parlato di una “norma apparente” [24] e si è riportata la cosiddetta etero-organizzazione a un modo di essere della subordinazione [25]. Si realizza una «facilitazione probatoria e argomentativa» [26], sebbene «solo la coesistenza di tutti i requisiti che caratterizzano le collaborazioni organizzate (...) consenta una netta distinzione dalle collaborazioni coordinate di cui all’art. 409, n. 3, cod. proc. civ. Pertanto, si potrà ricavare la tutela piena (...) del lavoro subordinato solo dalle collaborazioni che siano continuative, esclusivamente personali e le cui modalità di esecuzione della prestazione siano totalmente organizzate unilateralmente dal committente» [27]. Questa tesi era la più persuasiva a proposito [continua ..]


3. Il mancato riferimento ai tempi e ai luoghi e le conseguenze sul­l'applicazione dell'art. 2 del decreto n. 81-2015

Se viene meno il riferimento ai tempi e ai luoghi di esecuzione delle prestazioni, qualunque fatto può denotare l’inserimento nell’altrui organizzazione e, per il periodo successivo al decreto legge n. 101/2019, l’interpretazione è inevitabile [31]. Pertanto, il giudice deve cercare nelle circostanze emerse nell’istruttoria riscontro dell’unico profilo rimasto, cui, nell’art. 2, è ancorata l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato, cioè la “imposizione” delle modalità di svolgimento della prestazione [32] e il carattere unilaterale dell’azione del committente, sebbene non coincida con il potere direttivo, poiché, in difetto, l’art. 2094 c.c. troverebbe diretta attuazione. Vista come autorità, la subordinazione è esercizio dei poteri e attribuzione per contratto di uno spazio di iniziativa di tanto maggiore importanza, in quanto si estende nel tempo e permette l’adeguarsi della collaborazione alle sopravvenute evenienze [33]. Se la subordinazione è l’esistenza dei poteri, la ricerca funzionale all’inter­pretazione e alla qualificazione deve guardare a questo elemento, per stabilire quale sia la volontà effettiva. Se mai, è difficile la prova, per la struttura degli istituti processuali, ai quali riesce male consentire la dimostrazione di fatti da cogliere in un lungo lasso di tempo e frammentati in molteplici eventi, da coordinare l’uno con l’altro e da vedere in una logica complessiva, a fronte di infiniti episodi. La ripartizione del­l’onere della prova trova il suo esclusivo fondamento nell’art. 2697 c.c., che distribuisce le conseguenze della mancata dimostrazione dei fatti rilevanti [34]. L’art. 2697 c.c. è una “norma in bianco” [35] e impone di considerare ciascuna fattispecie astratta, poiché sono le disposizioni «sostanziali di volta in volta applicabili al caso concreto a stabilire quali fatti rappresentano il fondamento del diritto che viene invocato, e da quali fatti può derivare l’inefficacia, la modificazione o l’estinzione di questo diritto» [36]. In connessione con l’art. 2094 c.c., l’art. 2697 c.c. addossa a chi la alleghi l’one­re di dimostrare la subordinazione. Se l’art. 2697 c.c. deve trovare [continua ..]


4. La cosiddetta etero-organizzazione e il nuovo art. 2 del decreto n. 81-2015

Privato di ogni riferimento selettivo, l’art. 2 del decreto n. 81/2015 è irrazionale e, sebbene l’interpretazione fornita dalla Suprema Corte sia convincente, porta a risultati contrari a giustizia sostanziale. Qualunque collaborazione presuppone un interesse del committente e ciò non deve essere sopravvalutato, salvo giungere a una inevitabile riconoscimento della subordinazione. Se mai, si deve dare risalto al modo nel quale il lavoratore si prepari a dare il suo contributo, con la ricognizione delle modalità empiriche del suo agire [46]. La presenza del lavoratore in uno spazio nella disponibilità del committente e la sua possibilità di stabilire quando debba avere luogo il fare sono elementi estrinseci, perché non coincidono con la dimostrazione dei poteri dell’art. 2094 c.c. [47], ma non irrilevanti, in quanto facilitano il compito pro­cessuale [48]. Diverso è l’attuale riferimento a qualsiasi circostanza indicativa di un completo intervento unilaterale sulle modalità di espletamento della prestazione. Fino al decreto legge n. 101/2019, perché fossero evitate le conseguenze dell’art. 2, comma 1, e perché fosse impedita la loro qualificazione come subordinati, i rapporti di pretesa natura autonoma sarebbero stati da eseguire senza alcuna coabitazione, e non sempre si è messa in luce tale componente per così dire positiva della disposizione, destinata a incidere in profondità sulle scelte collettive. Prima del decreto legge n. 101/2019, non sarebbe stato impossibile attuare i poteri dell’art. 2094 c.c. in spazi e in momenti compatibili con l’art. 2, comma 1, poiché tale ultima norma poneva un divieto su alcune modalità di esecuzione della prestazione. Questa prospettiva è andata persa con l’impianto generico dovuto al decreto legge n. 101/2019. Prima di tale trasformazione, questo era il profilo più interessante dell’art. 2, com­ma 1, cioè il suo esigere una modificazione delle prassi, con risultati in potenza più lineari di quelli derivati dall’art. 61 del decreto n. 276/2003 [49]. L’art. 2, comma 1, voleva restringere quella convivenza di solito tale da preludere all’esplicarsi del potere direttivo. Ora, se l’art. 2 rimanda a qualunque indice della subordinazione, purché denoti [continua ..]


NOTE
Numero straordinario - 2020