Il saggio analizza le modifiche introdotte dall’art. 41 bis, d.l. 25 maggio 2021, n. 73 all’art. 19, comma 1, d.lgs. 15 maggio 2015, n. 81. Viene, quindi, commentata la possibilità di introduzione delle causali, per la stipula di un contratto a tempo determinato superiore a dodici mesi, ad opera dei contratti collettivi ex art. 51, d.lgs. n. 81/2015, nonché “l’apparente” termine di utilizzo di tale possibilità introdotta dal comma 1.1. L’A. esamina, poi, l’impatto che tali modifiche hanno sulla disciplina delle proroghe e dei rinnovi e sui contratti a termine stipulati dalle agenzie di somministrazione.
The essay analyses the amendments introduced by Article 41 bis, Decree-Law n. 73 of 25 May 2021 to Article 19(1) of Legislative Decree n. 81 of 15 May 2015. Therefore, it is commented the possibility of introducing grounds for the conclusion of a fixed-term contract exceeding twelve months by collective agreements pursuant to Article 51 of Legislative Decree no. 81/2015, as well as the “seeming” time limit for the use of such possibility introduced by paragraph 1.1. Last, the A. examines the impact that these amendments have on the regulation of extensions and renewals and on fixed-term contracts concluded by staff leasing agencies.
Keywords: Fixed-term contract – grounds – collective agreements – provision of employment.
1. Due emendamenti: due vie che non si intersecano - 2. Causali rimesse al contratto collettivo: contenuto e limiti - 3. Contratto “a durata minima garantita”: una fattispecie “troppo” speciale - 4. Contratto a tempo determinato per le agenzie di somministrazione: la contrattazione di prossimità resta “preferibile” - 5. L’o.d.g. approvato dal Senato: un’occasione normativa (si spera!) non occasionale - NOTE
L’art. 41 bis, d.l. 25 maggio 2021, n. 73, come inserito dalla legge di conversione (legge 23 luglio 2021, n. 106), ha modificato l’art. 19, comma 1, d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 ed introdotto, nello stesso, il comma 1.1. Come noto [1], le integrazioni alla norma sono il frutto di due distinte visioni politiche e dei relativi emendamenti approvati entrambi dalla Camera dei Deputati e ratificati, sub gubernatoris fide, dal Senato [2]. Il primo emendamento ha previsto l’aggiunta al comma 1 dell’art. 19, d.lgs. n. 81/2015 della lett. b bis): sancendo, così, che «il contratto [a tempo determinato] può avere una durata superiore [a dodici mesi], ma comunque non eccedente i ventiquattro mesi,» in presenza di «specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di cui all’articolo 51». Di guisa che il termine a-causale dei dodici mesi può oggi essere superato non soltanto in base alle esigenze individuate dal legislatore (lett. a) e b)), bensì anche da quelle previste dai contratti collettivi, come definiti dall’art. 51, d.lgs. n. 81/2015. L’integrazione alla norma è, dunque, semplice: conferma l’impianto del d.l. 12 luglio 2018, n. 87 (c.d. decreto dignità) [3], convertito dalla l. 9 agosto 2018, n. 96, con la previsione del doppio limite temporale e causale per il ricorso prolungato al contratto a termine, ed introduce un’ulteriore condizione per la durata del contratto superiore ai dodici mesi; condizione che, però, non è stavolta individuata puntualmente dalla legge, bensì viene rimessa alla determinazione dell’autonomia collettiva. Il secondo emendamento ha introdotto il comma 1.1 all’art. 19, d.lgs. n. 81/2015: delineando una fattispecie speciale di contratto a tempo determinato che è stata, magistralmente, definita come «contratto a termine a durata minima garantita (CTD-DMG)» [4]. Il comma 1.1, con un lessico un po’ tautologico, dispone, infatti, che è possibile stipulare contratti «di lavoro subordinato» «di durata superiore a dodici mesi, ma comunque non eccedente ventiquattro mesi», «fino al 30 settembre 2022», «qualora si verifichino specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di lavoro di cui all’articolo 51, ai sensi della lettera b-bis) del medesimo comma 1». Elemento, [continua ..]
Venendo, ora, ad analizzare la prima “via” (art. 19, comma 1, lett. b bis), può, sin da subito, notarsi che la norma affida ai contratti collettivi di cui all’art. 51, d.lgs. n. 81/2015 una facoltà di determinazione delle esigenze molto ampia. L’unico requisito che viene richiesto alle stesse è che siano «specifiche». L’attributo non è di facile lettura poiché parrebbe introdurre un criterio di legittimità della causale, e conseguentemente del contratto a termine superiore ai dodici mesi, stabilita dai contratti collettivi. Tuttavia, è bene chiarire i limiti del controllo che potrà effettuare il giudice. Quest’ultimo, infatti, non potrà sindacare nel merito l’esigenza individuata dal contratto collettivo, né le scelte che le parti sociali faranno nell’ambito della contrattazione. Potrà, invece, effettuare un controllo di conformità della causale richiamata nel contratto individuale rispetto a quella disposta dal contratto collettivo. Di guisa che a fronte di un contratto superiore a dodici mesi ovvero di un rinnovo ovvero di una proroga oltre il dodicesimo mese, qualora fosse lamentata in giudizio l’assenza, in via di fatto, della specifica esigenza collettiva che ne ha legittimato la stipula, il giudice potrà verificare la corrispondenza tra la causale richiamata dalle parti individuali, e, dunque, verificatasi in concreto per quel determinato contratto, e quella individuata dal contratto collettivo per saggiare la conformità tra la fattispecie concreta (contratto individuale) e quella astratta (contratto collettivo). Sicché, il controllo non potrà essere sulla causale così come individuata dall’autonomia collettiva, bensì sulla sussistenza della stessa nel rapporto individuale da cui discende il contratto superiore a dodici mesi ovvero il rinnovo ovvero la proroga oltre il dodicesimo mese. Ora, non basta che l’esigenza sia prevista dal contratto collettivo, bensì occorre che la stessa sia specifica. Quale grado di specificità deve avere il contenuto dell’esigenza individuata dai contratti collettivi? Mi pare si possa, facilmente, rilevare che una dizione del tipo “esigenze tecniche” ovvero “esigenze organizzative” ovvero “esigenze produttive” non sia da considerarsi specifica. Né, in [continua ..]
Passando alla seconda “via” (art. 19, comma 1.1), la norma ha introdotto una fattispecie speciale di contratto a tempo determinato “a durata minima garantita” (CTD-DMG) che, come ricordato, deve avere una durata minima di 12 mesi e un giorno e non può avere una durata massima superiore a 24 mesi, nonché, può essere stipulato solo in presenza di una specifica esigenza individuata dai contratti collettivi ex art. 51, d.lgs. n. 81/2015. Gli elementi della fattispecie sono, dunque, due: un termine individuato dalle parti tra il minimo e il massimo e una delle specifiche esigenze stabilite dalla contrattazione collettiva. Si tratta di un contratto a tempo determinato certamente ab origine più duraturo e questo ha portato un primo Autore [14] a definirlo come contratto «di qualità» poiché punta ad una stabilità occupazionale per un periodo più lungo offrendo, così, maggiori possibilità di stabilizzazione del rapporto. Il ricorso a tale fattispecie è possibile fino al 30 settembre 2022 e ciò porta a ritenere, sulla scorta del medesimo Autore [15], che tale tipologia contrattuale si instauri nell’ambito delle misure di rilancio dell’occupazione post pandemia, in linea con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Innanzitutto, i contratti collettivi devono prevedere delle esigenze “più” specifiche di quelle generali dell’art. 19, comma 1, lett. b bis), d.lgs. n. 81/2015: vale a dire esigenze che sorreggano la fattispecie del comma 1.1. Non penso possano essere le medesime esigenze generali, per quanto specifiche, individuate dai contratti collettivi ex comma 1, lett. b bis), poiché, altrimenti, non si spiegherebbe la specialità della fattispecie soprattutto in merito allo scopo di politica occupazionale. Inoltre, tali esigenze sono destinate a sorreggere un contratto a termine “fisso”, non essendo possibile, a mio avviso, estendere alla tipologia del comma 1.1 la disciplina dell’art. 21, comma 1, d.lgs. n. 81/2015 in materia di rinnovi e proroghe. Come notato da attenta Dottrina [16], quest’ultima norma «subordina, infatti, la loro conclusione [rinnovi e proroghe] alle causali specificando che sono quelle del comma 1 dell’art. 19 all’interno del quale l’art. 41-bis ha oggi collocato anche quelle ulteriori definite in sede [continua ..]
Il legislatore della conversione del d.l. n. 73/2021 non è intervenuto sulla disciplina del contratto a termine per le agenzie di somministrazione. Si ricorderà che per le stesse, il decreto dignità aveva sancito, con l’art. 2, comma 1 ter [21], almeno in una possibile interpretazione della norma (considerata la sua oscurità letterale), che le esigenze per la stipula di un contratto a termine superiore a dodici mesi fossero in capo all’utilizzatore. Ora, in base alla novella operata dall’art. 41 bis, tali esigenze possono essere individuate, in aggiunta a quelle legali, in via specifica dai contratti collettivi. Si pone, allora, un problema relativo a quale contratto collettivo l’agenzia di somministrazione dovrà riferirsi per individuare le condizioni di stipula di un contratto a termine di durata superiore a dodici mesi. Il tema non appare, a mio avviso, come una semplice ripetizione di quanto si è già detto in merito alla selezione delle causali in base al contratto collettivo applicato dal datore di lavoro, poiché, qui, la norma è ben più specifica. Essa, infatti, espressamente sancisce che «le condizioni di cui all’articolo 19, comma 1, […] nel caso di ricorso al contratto di somministrazione di lavoro, si applicano esclusivamente all’utilizzatore»: sicché l’avverbio «esclusivamente» non consente, a mio avviso, ai contratti collettivi ex art. 51, d.lgs. n. 81/2015 applicati dalle agenzie di somministrazione di intervenire sul rinvio operato dal legislatore con la lett. b bis). Può notarsi che l’art. 2, comma 1 ter, d.l. n. 87/2018 non pone alcun obbligo “comunicativo” da parte dell’utilizzatore e ciò ha portato, inter alia, le agenzie di somministrazione alla stipula di contratti di prossimità [22], ex art. 8, legge 14 settembre 2011, n. 148, volti, a fronte delle finalità individuate dalla medesima norma, al superamento del sistema delle causali introdotto dal decreto dignità. Ebbene, si potrebbe dire che questo meccanismo di deroga alla disciplina legale possa volgere al termine a seguito dell’apertura all’autonomia collettiva adesso operata dal legislatore. Sennonché, lo stesso non è intervenuto in alcun modo sull’art. 2, comma 1 ter, ed allora è da ritenere che l’agenzia di [continua ..]
Il testo di legge di conversione del d.l. n. 73/2021 approvato dalla Camera è stato votato, senza emendamenti, anche dal Senato. Tuttavia, questo ramo del Parlamento ha, altresì, approvato, in relazione alle innovazioni introdotte dall’art. 41 bis, l. n. 106/2021 alla disciplina del contratto a termine – di cui si è cercato (illusoriamente) di fornire una possibile disamina di alcuni dei problemi che si pongono – un ordine del giorno relativo a questo articolo. Nel dettaglio, il Senato impegna il Governo: «a valutare l’opportunità di adottare appositi provvedimenti di carattere normativo volti a modificare la normativa di cui in premessa [l’art. 41-bis appunto] e/o a definire ulteriori stringenti limiti all’applicazione della stessa al fine di evitare abusi in danno dei lavoratori». Occorre rilevare che tale o.d.g. consente, direi senza dubbio alcuno, di considerare le due novelle dell’art. 41 bis nell’ottica d’indipendenza dianzi descritta poiché, altrimenti, non si spiegherebbe l’invito ad intervenire per evitare abusi, che vengono, implicitamente, addebitati all’apertura del sistema delle causali alla contrattazione collettiva. Al di là del contenuto politico di tale o.d.g., va dato atto che lo stesso ha il pregio di rassicurare gli interpreti sulla certezza della disposizione del nuovo art. 19, comma 1, lett. b bis), d.lgs. n. 81/2015 che ne fuoriesce: vale a dire il rinvio, senza limiti temporali, ai contratti collettivi ex art. 51, d.lgs. n. 81/2015 della definizione delle specifiche esigenze per la stipula di contratti a termine oltre i dodici mesi ovvero il rinnovo ovvero la proroga oltre il dodicesimo mese. Non bisogna, però, sottovalutare l’impegno di intervento normativo che il Senato rivolge all’Esecutivo. Personalmente, lo auspicherei di foggia più ampia rispetto a quella della sola normativa introdotta dall’art. 41 bis e volta, semmai, a sistemare le “antinomie” che un susseguirsi così massiccio, in un arco temporale così ristretto, di novelle legislative ha generato tra le norme interne alla disciplina del contratto a termine (si pensi, come detto, ai rinnovi e alle proroghe per il contratto a termine DMG) e tra tale disciplina e quella della somministrazione di lavoro (si pensi, come ricordato, alla esclusiva riferibilità delle causali [continua ..]