Massimario di Giurisprudenza del LavoroISSN 0025-4959
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


La Corte di Giustizia si pronuncia su missioni successive e prevenzione degli abusi nella somministrazione (di Eufrasia Sena, Ricercatrice di Diritto del lavoro – Università degli Studi di Napoli “Parthenope”)


>

Corte di Giustizia CE-UE, 14 ottobre 2020, C-681/18

< >

L’art. 5, par. 5, prima frase, della direttiva 2008/104/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa al lavoro tramite agenzia interinale, deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale che non limita il numero di missioni successive che un medesimo lavoratore tramite agenzia interinale può svolgere presso la stessa impresa utilizzatrice e che non subordina la legittimità del ricorso al lavoro tramite agenzia interinale all’indicazio­ne delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che giu­stifichino tale ricorso. Per contro, tale disposizione deve essere interpretata nel senso che essa osta a che uno Stato membro non adotti alcuna misura al fine di preservare la natura temporanea del lavoro tramite agenzia interinale, nonché ad una normativa nazionale che non preveda alcuna misura al fine di evitare l’assegna­zione ad un medesimo lavoratore tramite agenzia interinale di missioni successive presso la stessa impresa utilizzatrice con lo scopo di eludere le disposizioni della direttiva 2008/104 nel suo insieme.

< 1. – Con la sentenza in commento la Corte di Giustizia appunta la sua attenzione sulla disciplina italiana in tema di somministrazione, sebbene in relazione a vicende risalenti ad alcuni anni fa e quindi regolate da una normativa ormai parzialmente superata. Un lavoratore era stato assunto da un’agenzia di somministrazione ed assegnato ad una impresa utilizzatrice tra il 3 marzo 2014 e il 30 novembre 2016, mediante una successione ininterrotta di otto contratti di somministrazione, prorogati per diciassette volte. Il lavoratore adiva, quindi, il giudice del lavoro, chiedendo il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato con l’utilizzatore, ritenendo che le ripetute assegnazioni celassero una frode alla legge e che la normativa italiana violasse la disciplina comunitaria nella parte in cui imponeva agli Stati membri di adottare le misure necessarie ad evitare che l’assegnazione di missioni successive eludesse i limiti alla disciplina sul lavoro tramite agenzia. Secondo i Giudici il legislatore dell’Unione mira a “ravvicinare le condizioni del lavoro tramite agenzia interinale ai rapporti di lavoro normali”, anche cercando di “incoraggiare l’accesso dei lavoratori tramite agenzia interinale ad un impiego permanente presso l’impresa utilizzatrice” (art. 6, parr. 1 e 2). In tale quadro si inserisce anche il principio di parità di trattamento, previsto all’art. 5, par. 1, nonché il ri­ferimento alle «condizioni di lavoro» (art. 3, par. 1, lett. f), da intendersi non solo come rispetto della normativa in tema di orario, ferie e retribuzione, ma anche “dell’articolo 31 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il quale, ai sensi del suo paragrafo 1, sancisce, in modo generale, il diritto di ogni lavoratore a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose”. A ciò si aggiunga la previsione contenuta nell’art. 5, par. 5, che “impone agli Stati membri due obblighi distinti, ossia di adottare le misure necessarie a, da un lato, evitare il ricorso abusivo alle deroghe al principio della parità di trattamento autorizzate dallo stesso articolo 5 e, dal­l’al­tro, prevenire missioni successive aventi lo scopo di eludere le disposizioni della di­rettiva 2008/104 nel suo insieme”. Secondo i Giudici, infatti, “i termini «e, in particolare», utilizzati all’articolo 5, paragrafo 5, prima frase, della direttiva per collegare questi due obblighi, non possono essere interpretati nel senso che il secondo obbligo sia automaticamente ed integralmente subordinato al primo”, ma trattasi di obblighi autonomi e distinti ed il secondo mira espressamente ad evitare illegittime reiterazioni di missioni. Di conseguenza missioni successive assegnate al medesimo lavoratore tramite agenzia interinale presso la stessa impresa [continua..]