Cassazione civile, Sez. Lav., 23 gennaio 2023, n. 1960 – Pres. Leone – Rel. Piccone
< >Con particolare riguardo alla figura del dirigente, giova evidenziare che al medesimo, ai sensi della L. n. 604 del 1966, art. 10, non trova applicazione la disciplina limitativa dei licenziamenti, talché la nozione di giustificatezza del recesso si discosta da quella di giustificato motivo ed è ravvisabile ove sussista l’esigenza, economicamente apprezzabile in termini di risparmio, della soppressione della figura dirigenziale in attuazione di un riassetto societario e non emerga, in base ad elementi oggettivi, la natura discriminatoria o contraria a buona fede della riorganizzazione; il giudice deve limitarsi al controllo sull’effettività delle scelte imprenditoriali poste a base del licenziamento, non potendo sindacare il merito di tali scelte, garantite dal precetto di cui alla Cost., art. 41.
Deve poi osservarsi che in caso di licenziamento del dirigente d’azienda per esigenze di ristrutturazione aziendali è esclusa la possibilità del "repechage" in quanto incompatibile con la posizione dirigenziale del lavoratore, assistita da un regime di libera recedibilità del datore di lavoro.
<1. L’irrilevanza della buona fede ai fini della giustificatezza del recesso - 2. La necessaria riconduzione della nozione di giustificatezza a comportamenti contrattualmente rilevanti del dirigente - 3. Giustificatezza e giustificato motivo oggettivo - NOTE
Con la sentenza in epigrafe la Cassazione, tornando sulla dibattuta nozione di giustificatezza del licenziamento del dirigente precisa che, nel caso di riorganizzazione aziendale, la nozione di giustificatezza […] è ravvisabile ove sussista l’esigenza, economicamente apprezzabile in termini di risparmio, della soppressione della figura dirigenziale in attuazione di un riassetto societario e non emerga, in base ad elementi oggettivi, la natura discriminatoria o contraria a buona fede della riorganizzazione. Restando esclusa la possibilità del repechage in quanto incompatibile con la posizione dirigenziale del lavoratore, assistita da un regime di libera recedibilità del datore. Pur inserendosi in un consolidato filone interpretativo, la sentenza offre l’occasione per tornare sul tema, mai abbastanza dibattuto, delle possibili declinazioni della nozione contrattuale di giustificatezza e delle interferenze con il giustificato motivo oggettivo di recesso. Pur mettendo capo ad una questione di interpretazione del contratto collettivo e, pertanto, di corretta applicazione dei canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 c.c. ss. [1], la laconicità delle formule rinvenibili nei principali contratti collettivi [2], di fatto, ha imposto alla giurisprudenza di ricercare altrove i criteri interpretativi utili per delineare la nozione di giustificatezza. Sicché, sulla base della ovvia considerazione per cui l’affermazione di una necessaria giustificatezza del recesso implichi che il licenziamento del dirigente cui si applica un contratto collettivo non possa essere ad nutum, la giurisprudenza è ricorsa alle poche indicazioni di fonte legale disponibili (in primis l’esclusione prevista all’art. 10, legge n. 604 del 1966) ed alle relative pronunce della Corte Costituzionale [3], nonché alla nozione stessa di dirigente, anche questa di elaborazione prevalentemente giurisprudenziale [4]. Dalle prime è stata mutuata la non riconducibilità della nozione di giustificatezza alle causali legittimanti il licenziamento per la generalità dei lavoratori subordinati [5], salvo espressa previsione in tal senso [6] e salvo il caso di licenziamento discriminatorio o ritorsivo. Dalle seconde è stato tratto il limite, che potremmo definire esterno, della necessaria osservanza da parte del datore di lavoro che recede, dei canoni di buona fede e [continua ..]
Per un tentativo di ricostruzione della nozione contrattuale di giustificatezza (in assenza di significative indicazioni delle parti collettive), non resta che muovere dalla constatazione per cui la giustificatezza debba essere più di un recesso libero (anche se disposto in buona fede e non discriminatorio), ma non necessariamente integrare la regola di giustificazione necessaria esclusa dall’art. 10, legge n. 640/1966. La considerazione che precede, per quanto semplice, impone tuttavia di ricondurre la giustificatezza alla verifica del corretto adempimento da parte del dirigente delle obbligazioni assunte con il contratto di lavoro ovvero alla esistenza di ragioni aziendali che suggeriscano l’opportunità di fare a meno della sua specifica professionalità. Ed è in questa prospettiva, a prescindere dalla pertinenza del richiamo all’art. 1455 c.c., che sembrano porsi quelle pronunce secondo le quali, per lo meno quando si verta in materia di inadempimento, il giudice debba attenersi al riscontro dei criteri individuati dalla giurisprudenza ai fini dell’accertamento del diritto alla risoluzione dei contratti a prestazioni corrispettive [19]. Ed infatti, il richiamo alla non scarsa rilevanza dell’inadempimento evocato dal quel riferimento, colloca la giustificatezza al di fuori dell’area di libera recedibilità, senza però giungere al notevole adempimento previsto dall’art. 3, legge n. 604/1966; con conseguente valorizzazione delle aspettative datoriali quanto all’adempimento da parte del dirigente dei doveri contrattualmente assunti e quanto al rispetto dei canoni di fedeltà e diligenza, da valutarsi in ragione della particolarità del rapporto dirigenziale. Potendosi, a mero titolo esemplificativo, menzionare l’ipotesi del dirigente che non abbia raggiunto il target di fatturato assegnatogli o il prefissato incremento di clientela [20]; fatti questi accertabili dal giudice senza alcuna indagine sulla buona fede datoriale che, diversamente, potrebbe essere valutata solo con riguardo alla non pretestuosità degli obiettivi assegnati ovvero, per restare all’esempio, al caso in cui il dirigente non sia stato posto in condizione di perseguire gli obiettivi affidati.
In accordo con prevalente giurisprudenza, la sentenza in epigrafe ribadisce l’arresto per cui, in caso di riorganizzazione aziendale, “ferma la non riconducibilità della causale alla nozione di giustificato motivo oggettivo”, i requisiti della giustificatezza “sono […] due: la sussistenza della predetta riorganizzazione ed il rispetto dei canoni di buona fede e correttezza” […], esclusa la possibilità del repechage […] incompatibile con la posizione dirigenziale. Le problematiche interpretative già evidenziate con riferimento alla giustificatezza del recesso per inadempimento divengono, nel caso della giustificatezza per ragioni oggettive, ancora più complesse, in quanto l’evoluzione interpretativa sulla nozione di giustificato motivo oggettivo ha notevolmente eroso lo spazio interpretativo riservato alla giustificatezza. La giurisprudenza più recente [21], in accordo con autorevole dottrina [22], ha infatti esteso la nozione di motivo oggettivo di recesso sino a ricomprendervi tutte le “ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa […] che attengono ad una migliore efficienza gestionale o produttiva ovvero anche quelle dirette ad un aumento della redditività d’impresa”. In questa prospettiva, è stato considerato legittimo il licenziamento fondato sull’incremento dei profitti a prescindere dalla circostanza che l’azienda verta in condizione di crisi, riconducendosi il motivo oggettivo di recesso alla “non arbitrarietà del licenziamento, ovverosia la reale presenza di una giustificazione causale, verificata attraverso l’accertamento dell’effettiva sussistenza delle ragioni organizzative addotte e del nesso di causalità tra queste ultime ed il licenziamento stesso [23]”. Appare evidente che la nozione di giustificatezza e quella di giustificato motivo oggettivo – nonostante il tralatizio monito giurisprudenziale nel senso della non sovrapponibilità delle due fattispecie – siano in buona parte ormai quasi coincidenti, evidenziandosi quale più significativo tratto distintivo la sola esclusione dell’obbligo di repechage nel caso del dirigente. Dovendosi precisare che la giurisprudenza, con condivisibile arresto, ha comunque stabilito la [continua ..]