Massimario di Giurisprudenza del LavoroISSN 0025-4959
G. Giappichelli Editore

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Il diritto del lavoro nell'era della robotica e dell'intelligenza artificiale (di Paolo Eugenio Pedà, Assegnista di ricerca – Università LUISS Guido Carli di Roma)


Il saggio, dopo aver fornito una visione d’insieme sulle tematiche principali connesse al progresso tecnologico, analizza lo sviluppo e le possibili applicazioni dei robot umanoidi, la crescita esponenziale del ricorso agli algoritmi ed all'intelligenza artificiale nei contesti produttivi, l'impatto dell'intelligenza artificiale sulle professioni intellettuali. Le conclusioni del saggio sono focalizzate sugli interrogativi sollevati da alcuni illustri operatori del settore sui rischi connessi allo sviluppo dell'intelligenza artificiale.

Labor law in the era of robotics and artificial intelligence

The essay, after providing an overview of the main issues related to technological progress, analyzes the development and possible applications of humanoid robots, the exponential growth of algorithms and artificial intelligence in production contexts, the impact of artificial intelligence on intellectual professions. The conclusions of the essay are focused on the questions raised by some illustrious operators on the risks associated with the development of artificial intelligence.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. L’avvento della robotica nei contesti produttivi - 2.1. L’ascesa dei robot “umanoidi” - 3. La crescita esponenziale del ricorso agli algoritmi ed all’intel­ligenza artificiale nei contesti produttivi - 3.1. L’impatto dell’intelligenza artificiale sui processi decisionali pubblici - 3.2. L’impatto dell’intelligenza artificiale sulle professioni intellettuali - 4. Interrogativi per il futuro - NOTE


1. Premessa

Il progresso tecnologico ha storicamente alimentato negli interpreti quesiti, dubbi, timori e intuizioni. Secondo i dati forniti dal World Economic Forum, negli ultimi anni vi è stata una netta accelerazione da parte delle imprese nell’adozione di nuove tecnologie, percepite quale fattore fondante della crescita futura in tutti i settori. Lo studio evidenzia come il ricorso crescente alla tecnologia avrà un significativo impatto sul­l’occupazione e sulle competenze dei lavoratori in ragione della ristrutturazione dei contesti produttivi per “far spazio” alle nuove tecnologie [1]. Si stima, in particolare, che entro il 2025, 85 milioni di posti di lavoro potrebbero essere interessati da un cambiamento nella suddivisione delle attività tra uomini e macchine, mentre potrebbero emergere 97 milioni di nuovi ruoli da ripartire tra esseri umani, macchine e algoritmi [2]. Tali dati evidenziano come le tempistiche e l’impatto del cambiamento in atto sollecitino interventi, ricostruttivi e normativi, immediati, in modo da fronteggiare interrogativi cui è sempre più arduo offrire risposte convincenti. Questo contributo cercherà di offrire all’analisi alcune tematiche destinate ad essere al centro del dibattito dei prossimi anni.


2. L’avvento della robotica nei contesti produttivi

Il nuovo millennio ha portato in dote una nuova concezione della struttura produttiva, fortemente orientata ad una crescente integrazione tra prassi tradizionali e tecnologie di ultima generazione, nell’ambito della quale è stata superata la obsoleta catena di montaggio a vantaggio di un sistema interconnesso nel quale le macchine interagiscono autonomamente per pianificare e sviluppare fasi produttive, richiedere interventi di manutenzione, coordinarsi con la rete commerciale [3]. Le innovazioni continue in materia Artificial Intelligence, Big data, Robotica, Internet of things, solitamente ricondotte sotto la nozione di Industria 4.0, alimentano il vivace dibattito sulle ricadute del progresso tecnologico sull’economia e sui fragili equilibri sociali (già messi a dura a prova dalla crisi pandemica e dalle tensioni internazionali che hanno caratterizzato l’ultimo triennio). Nel 2017 il Parlamento europeo osservava come il mondo fosse «sulla soglia di un’era nella quale robot, bot, androidi e altre manifestazioni dell’intelligenza artificiale sembrano sul punto di avviare una nuova rivoluzione industriale, suscettibile di toccare tutti gli strati sociali», evidenziando come tale prospettiva generasse alcune preoccupazioni in ordine agli effetti diretti e indiretti sulla società [4]. La “soglia”, forse, era più prossima di quanto non si potesse immaginare pochi anni fa. I dati statistici forniti dalla International Federation of Robotics sono sorprendenti: nonostante le problematiche derivanti dalla pandemia e le note difficoltà della catena di approvvigionamento, nel 2021 le installazioni di nuovi robot hanno raggiunto il nuovo livello record di 517.385 unità, con un tasso di crescita del 31% rispetto al 2020 (anno evidentemente segnato dallo scoppio della pandemia) e del 22% rispetto al 2018. La ricerca evidenzia come i cinque mercati principali per i robot industriali sono Cina (52% del totale), Giappone, Stati Uniti, Repubblica di Corea e Germania, che rappresentano complessivamente il 78% delle installazioni di robot[5]. Non sono solo i dati “quantitativi” a mettere in luce la crescita esponenziale del settore, laddove le potenzialità della robotica sono ancor più evidenti – se possibile – avuto riguardo di quelli che sono i trend di sviluppo in atto sistematizzati dal­l’IFR [6]: i) [continua ..]


2.1. L’ascesa dei robot “umanoidi”

Negli ultimi anni, i giornali ed il web sono inondati di notizie su prototipi, più o meno avanzati, che evidenziano inequivocabilmente con il “futuro” sia già sotto i nostri occhi. Elon Musk nell’ottobre 2022, durante il Tesla’s AI Day, ha presentato sul palco il prototipo, invero un po’ acerbo, di Optimus, robot umanoide non ancora in grado di svolgere operazioni significative, annunciando che sarebbe stato sul mercato nell’ar­co di 3-5 anni al costo di 20 mila dollari e che avrebbe sopperito alla carenza di manodopera nell’industria automobilistica e in altri settori [8]. Solo pochi mesi dopo, durante il “Tesla Investor Day” del 1° marzo 2023 [9], lo stesso Musk ha proiettato un video in cui 2 prototipi Optimus interagiscono tra di loro lavorando all’assemblaggio di un altro robot, svelando la rapidità dei progressi in corso nello sviluppo del prototipo [10]. L’italiana Oversonic Robotics ha lanciato sul mercato a fine 2022 RoBee, robot dalle sembianze umane capace, anche tramite «machine learning» e l’intera­zione con altri Robee, di aiutare l’uomo non solo nei compiti più ripetitivi e faticosi [11], ma anche in settori più complessi [12]. Interessante, in questo caso, anche il messaggio lanciato sul sito web della società, ove si legge «RoBee. Il futuro a misura d’uomo (…) è un robot umanoide (…) replica operativamente la struttura meccanica del corpo umano, con 40 giunti mobili e un set completo di sensori che gli consentono di vedere e navigare lo spazio circostante». Anche il marketing messo a punto dalla Società, dunque, focalizza l’attenzione sulla “somiglianza” tra robot e essere umano e sulla facilità di interazione con i lavoratori, già sperimentata (o meglio, in corso di sperimentazione) presso contesti produttivi [13]. La Boston Dynamic, società americana pionieristica del settore, ha pubblicato un video ad inizio 2023 in cui il suo prototipo umanoide Atlas, già famoso per le imprese fisiche sperimentate su diverse tipologie di terreni, supporta un operaio all’interno di un (modello di) cantiere mostrando straordinarie capacità di mobilità (impressionante l’attitudine a destreggiarsi tra le impalcature) e cognitive (il robot interagisce con gli oggetti [continua ..]


3. La crescita esponenziale del ricorso agli algoritmi ed all’intel­ligenza artificiale nei contesti produttivi

Una delle definizioni più famose di Intelligenza Artificiale è quella coniata dal Prof. John McCarthy della Stanford University, secondo cui «It is the science and engineering of making intelligent machines, especially intelligent computer programs. It is related to the similar task of using computers to understand human intelligence, but AI does not have to confine itself to methods that are biologically observable» [20]. Molte altre definizioni si sono succedute nel tempo, con il preciso fine di mettere a fuoco le infinite sfaccettature e le molteplici applicazioni del fenomeno. Una delle ultime, particolarmente interessante per lo studioso data la sua provenienza, è quella offerta dalla Commissione Europea nella proposta di regolamento avanzata nel 2021, che definisce l’intelligenza artificiale come «una famiglia di tecnologie in rapida evoluzione in grado di apportare una vasta gamma di benefici economici e sociali in tutto lo spettro delle attività industriali e sociali» il cui utilizzo può «contribuire al conseguimento di risultati vantaggiosi dal punto di vista sociale e ambientale nonché fornire vantaggi competitivi fondamentali alle imprese e all’eco­nomia europea» specialmente, si precisa, «in settori ad alto impatto, tra i quali figurano quelli dei cambiamenti climatici, dell’ambiente e della sanità, il settore pubblico, la finanza, la mobilità, gli affari interni e l’agricoltura.» [21]. Prosegue la Commissione definendo i sistemi di intelligenza artificiale come un «software sviluppato (…) che può, per una determinata serie di obiettivi definiti dall’uomo, generare output quali contenuti, previsioni, raccomandazioni o decisioni che influenzano gli ambienti con cui interagiscono» [22]. Come accennato nei paragrafi che precedono, i contesti produttivi sono, su scala globale, particolarmente sensibili all’ingresso della tecnologia, e segnatamente dell’intelligenza artificiale [23], sul luogo di lavoro in ogni sua forma. Ingresso che è stato (e sarà sempre più) favorito dallo sviluppo del «machine learning», concetto con cui si è soliti definire quel procedimento attraverso cui una macchina ricerca «rappresentazioni di un certo set di dati conosciuti (training data), sulla base delle quali successivamente [continua ..]


3.1. L’impatto dell’intelligenza artificiale sui processi decisionali pubblici

Il dibattito dottrinario sul tema delle decisioni algoritmiche, intese quali procedure decisionali determinate totalmente o parzialmente da meccanismi automatici fondati su algoritmi, è stato fortemente alimentato nel recente passato da alcune esperienze che hanno sollevato taluni dubbi e interrogativi. Tanto a livello italiano [35]-[36], quanto a livello internazionale [37], l’azione pubblica ha fatto ricorso, in misura crescente, ad algoritmi che consentono di utilizzare i big data [38] nell’ambito dei processi decisionali e delle politiche pubbliche. La sensazione diffusa è che l’intelligenza artificiale costituisca una grande opportunità per la pubblica amministrazione, un’arma efficace per contribuire significativamente all’efficientamento dell’azione amministrativa, soprattutto (ma non solo) con riferimento a quella mole di attività a basso valore aggiunto che potrebbero essere affidati a sistemi automatizzati. Le potenzialità sono molte, ove «gli algoritmi promettono neutralità, razionalità ed obiettività» consentendo di «sostituire (…) la discrezionalità umana con un giudizio sintetico ritenuto, di norma, non contaminato dall’influenza del pregiudizio» [39]. Molti sono i temi aperti sui quali la dottrina si sta interrogando; due, più di altri, idealmente posti all’inizio ed alla fine del “procedimento automatizzato”, alimentano il dibattito: il primo, ancora irrisolto, attiene alla necessità che l’uso dell’IA, da parte della pubblica amministrazione, debba o meno essere oggetto di una specifica disciplina [40]; si tratta di un interrogativo di assoluto rilievo, pregiudiziale rispetto agli altri perché riferito alle “regole del gioco” entro cui ricondurre ciascuna analisi. Il secondo tema attiene, come efficacemente evidenziato dalle pronunce del Consiglio di stato richiamate pocanzi in nota, alla necessità che le decisioni algoritmiche siano pienamente conoscibili e trasparenti, onde consentire una verifica del processo logico che le ha determinate. Ciò impatta in maniera considerevole la nostra materia, potendo in teoria i meccanismi sopra esposti essere applicati in ogni ambito pubblico (dagli ammortizzatori sociali, al lavoro pubblico, alle prestazioni pensionistiche, all’assistenza sociale, ecc.).


3.2. L’impatto dell’intelligenza artificiale sulle professioni intellettuali

L’inizio del 2023 ha portato alla ribalta ChatGPT, software sconvolgente dalle applicazioni apparentemente infinite. Per quanto è possibile intendere ad un profano della maniera (con la necessaria approssimazione dovuta alla tipologia di contributo offerto), il software sviluppato dalla OpenAI è un modello di Intelligenza Artificiale sviluppato tramite “Reinforcement Learning from Human Feedback (RLHF)”, vale a dire con il supporto del feedback umano. In buona sostanza, il software è stato implementato e migliorato da formatori (umani) che hanno costruito conversazioni in cui hanno interpretato sia l’utente che l’assistente di intelligenza artificiale [41]. Al netto delle valutazioni sul metodo utilizzato, che non competono a chi scrive, preme sottolineare come il tema entri a pieno titolo nel presente contributo perché, sino a pochi anni orsono, si era soliti ipotizzare (ingenuamente) che le professioni intellettuali fossero al riparo dal rischio di “obsolescenza”, tipicamente ricondotto ai mestieri più strettamente manuali. Detto diversamente, si è sempre stati più o meno consapevoli che un giorno i robot avrebbero fatto ingresso nelle fabbriche (in quanto più forti, precisi, e certamente instancabili rispetto ad un operatore umano), ma mai avrebbero potuto – nell’ingenuità collettiva – rispondere ad un quesito giuridico, scrivere una poesia, approntare dettagliati consigli di business. In molti, compreso il sottoscritto, si sono cimentati nell’interazione con ChatGPT, rimanendo colpiti dell’ampiezza delle “competenze” dell’”interlocutore” e della grande confidenza con cui la chat offre, senza alcuna arroganza, risposte a tutto campo. Il risultato, per quanto sperimentato, necessiterebbe una riflessione ben più ampia e di un approfondimento specifico sui quesiti sottoposti all’intelligenza artificiale e sulle risposte (imperfette) da questa fornite. Tale esercizio non sembra utile per due ordini di ragioni: per un verso perché l’intento del presente contributo ha una finalità diversa, e cioè di vagliare le prospettive dello sviluppo tecnologico; per altro verso, perché lo strumento sarà affinato nel prossimo futuro e le imperfezioni saranno sempre più smussate nel corso degli anni (o forse dei mesi). Occorre, invece, [continua ..]


4. Interrogativi per il futuro

Nelle ore immediatamente precedenti la chiusura del presente contributo due notizie di assoluto rilievo, una delle quali a dir poco inaspettata, hanno alimentato il dibattito sugli argomenti trattati. Pare doveroso darne brevemente atto, rinviando ad un secondo momento eventuali valutazioni più approfondite. Con provvedimento del 31.03 u.s. [42] il Garante della Privacy ha disposto in via d’urgenza, ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. f), del Regolamento, la misura della limitazione provvisoria del trattamento dei dati personali degli interessati stabiliti nel territorio italiano nei confronti di OpenAI L.L.C., società statunitense sviluppatrice di ChatGPT (in qualità di titolare del trattamento dei dati personali effettuato attraverso tale applicazione). La notizia si presta a molteplici riflessioni sotto diversi punti di vista; due temi sembrano, almeno allo stato, preponderanti rispetto agli altri: per un verso è agevole osservare come le preoccupazioni in tema di privacy non siano mai superflue e ciò, pertanto, conduce a ritenere che debbano essere sempre sostenuti gli sforzi per la tutela degli interessati e dei loro dati personali. Per altro verso, non può negarsi che lo sviluppo di tali tecnologie favorirà sempre più l’accentramento di grandi quantità di dati e informazioni presso singole entità (come d’altronde già sperimentato con riferimento ai motori di ricerca e ai social network); l’applicativo ChatGPT è, infatti, stato sperimentato da utenti di tutto il mondo e ciò evidenzia come le prerogative di tutela debbano essere strutturate su scala globale. La seconda notizia che ha monopolizzato l’attenzione degli interpreti è la pubblicazione, lo scorso 29.03, di una lettera aperta [43] firmata, tra gli altri, da Yoshua Bengio (Professore alla University of Montreal e vincitore del premio Turing), Stuart Russell (Professore presso la University of California, Berkeley), Elon Musk (CEO of SpaceX, Tesla & Twitter) e Steve Wozniak (Co-fondatore di Apple). Il contenuto di tale lettera è dirompente, poiché mette in luce le criticità e i rischi correlati allo sviluppo dell’Intelligenza artificiale. Di seguito si riportano i passaggi più significativi: «I sistemi di intelligenza artificiale con intelligenza umana-com­petitiva possono comportare rischi profondi [continua ..]


NOTE