Massimario di Giurisprudenza del LavoroISSN 0025-4959
G. Giappichelli Editore

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Il blocco dei licenziamenti al tempo del Covid-19. Tra carte e corti (di Roberto Cosio, Giuslavorista presso il Foro di Catania)


In questo saggio l’Autore prospetta una questione di legittimità costituzionale con riferimento alla proroga del blocco dei licenziamenti regolato dall’art. 14 del d.l. n. 104/2020.

Prospetta altresì, nell’ambito dell’ordinamento dell’Unione europea, una violazione del principio di proporzionalità delle misure adottate.

Ritiene, in questo contesto, auspicabile un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.

The block of dismissals in the time of Covid-19. Between cards and shorts

In this essay, the Author raises a question of constitutional legitimacy with reference to the extension of the redundancy block governed by art. 14 of the d.l. n. 104/2020.

It also envisages, within the European Union legal system, a violation of the principle of proportionality of the measures adopted.

In this context, he believes that a preliminary reference to the Court of Justice is desirable.

SOMMARIO:

1. La proroga del blocco dei licenziamenti ed il diritto emergenziale - 2. Il difficile bilanciamento tra i diritti e i principi contenuti nella Carta costituzionale - 3. Il bilanciamento dei principi nella Carta dei diritti fondamentali - 4. Il problema della doppia pregiudizialità - NOTE


1. La proroga del blocco dei licenziamenti ed il diritto emergenziale

Il blocco dei licenziamenti [1], con la proroga fino al 31 marzo 2021, ha superato, nelle previsioni legislative, un anno di vita. Una misura straordinaria che non conosce precedenti [2]. La proroga del blocco dei licenziamenti solleva, in primo luogo, delicatissime questioni di legittimità costituzionale [3]. Il primo problema che si pone in questo contesto è chiarire cosa si intende per “situazione emergenziale”. Ci troviamo in una situazione di “eccezione”, nel senso schmittiano [4] del termine (che presuppone uno spazio vuoto e deregolato) o in una situazione di “emergenza”? La risposta, come chiarito in un recente contributo di Gustavo Zagrebelsky [5], è certamente nel secondo senso. L’emergenza in cui siamo immersi ha carattere temporaneo e conservativo; imponendo il ritorno, nel più breve tempo possibile, alla normalità attraverso poteri riconosciuti dalla Costituzione. La disciplina dello stato di emergenza è stata introdotta con legge ordinaria (legge n. 225/1992). Richiede un presupposto di fatto (nel nostro caso, l’emergenza sanitaria dichiarata dall’OMS), un atto di proclamazione (funzionale alla delimitazione temporale dell’emergenza) ed una previsione di cessazione degli effetti (“La durata della dichiarazione dello stato di emergenza non può superare i 180 giorni prorogabile non più di ulteriori 180 giorni”). Da tale precisazione deriva una prima conseguenza. Gli interventi “derogatori”, in un contesto di emergenza, devono avere carattere temporaneo [6], pena la lesione di diritti fondamentali dell’individuo. Il blocco dei licenziamenti deve conoscere una “fine” per non degenerare in una lesione della libertà d’impresa. Ma il riferimento al carattere “temporaneo” dell’intervento, come vedremo, non risolve, di per sé, il problema della costituzionalità del blocco dei licenziamenti. La seconda questione attiene all’esistenza, o meno, di una copertura “costituzionale” alla legislazione di emergenza. Parte della dottrina, valorizzando il “silenzio” dei padri costituenti, ritiene che la legittimazione della “necessità emergenziale” [7] trovi fondamento nei principi del “primum vivere” e [continua ..]


2. Il difficile bilanciamento tra i diritti e i principi contenuti nella Carta costituzionale

Nel periodo regolato dall’art. 14 del d.l. n. 104/2020 [13] occorre bilanciare una serie di diritti e principi. Non solo i “principi” [14] sanciti negli artt. 41, commi 1 [15] e 2, e 4 [16], Cost. [17], ma anche i principi e i diritti sanciti dagli artt. 2 [18] e 32 [19], Cost. Il controllo costituzionale deve svolgersi, come di consueto, in tre tappe. In primo luogo, la Consulta dovrà valutare se il bilanciamento [20] dei “principi”, operato dal Legislatore, risponda al criterio di “necessità”; nel senso che la scelta di limitare la libertà d’impresa trovi giustificazione nella necessità (si badi bene, non nell’opportunità) di dare attuazione ad un altro “principio” (la tutela dell’occupa­zione). La prevalenza della tutela del lavoro, in base al combinato disposto degli artt. 4 e 41, comma 2 [21], Cost., sulla libertà d’impresa appare, però, dubbia nel periodo regolato dall’art. 14 del d.l. n. 104/2020. La “proroga delle disposizioni in materia di licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo” [22] presenta, nel decreto di agosto, una forte discontinuità rispetto alla legislazione d’emergenza precedente in tema di blocco dei licenziamenti, pur essendo sostenuta da analoghe finalità sociali [23]. La discontinuità si coglie nella tecnica legislativa che riflette un diverso bilanciamento degli interessi in gioco. Non viene “prorogato” un divieto [24] di licenziamenti (collettivi o individuali per gmo) in modo generalizzato e inderogabile (come nell’art. 46 e le sue proroghe), ma viene previsto un blocco condizionato dei licenziamenti in presenza di due elementi costitutivi (trattamenti di integrazione salariale riconducibili all’emergenza epidemiologica o esonero dal versamento dei contributi previdenziali). Il bilanciamento degli interessi in gioco, quindi, è stato effettuato dal Legislatore in modo diverso rispetto al recente passato. Il sacrificio della libertà di iniziativa economica (art. 41, comma 1, Cost.) rispetto all’interesse alla conservazione del posto di lavoro è stato, in sostanza, limitato ai casi in cui vi era un “corrispettivo” in termini di aiuti [continua ..]


3. Il bilanciamento dei principi nella Carta dei diritti fondamentali

La proroga del blocco dei licenziamenti [41] può comportare, sotto diverso profilo, un rinvio pregiudiziale avanti la Corte di Giustizia. Ma quali sono i “principi” [42] che entrano in gioco? Sicuramente, come nel diritto nazionale, la libertà d’impresa, la tutela del posto di lavoro e il diritto a condizioni di lavoro sane, che trovano espressione negli artt. 16, 30 e 31, comma 1, della Carta dei diritti fondamentali. L’art. 16 della Carta [43] recita che “la libertà d’impresa è riconosciuta conformemente al diritto dell’Unione e alle legislazioni e prassi nazionali”. La libertà di determinare la natura e la portata dell’attività, come ha precisato la Grande sezione della Corte di Giustizia nella sentenza del 21 dicembre 2016 [44], è un diritto fondamentale per l’impresa e “la decisione di procedere a un licenziamento collettivo rappresenta una decisione fondamentale nella vita dell’impresa”. Ma questo principio va bilanciato con le finalità sociali che, nella giurisprudenza della Corte di Giustizia, hanno trovato sempre più spazio e rilevanza. La tutela dei lavoratori rientra tra le ragioni imperative di interesse generale [45]. La Corte di Giustizia ha già ammesso che le considerazioni attinenti al mantenimento dell’occupazione possono costituire, in determinate circostanze e a certe condizioni, giustificazioni per una normativa nazionale limitativa [46]. L’Unione europea non soltanto instaura un mercato interno ma si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa. “Poiché dunque l’Unione non ha soltanto una finalità economica ma anche una finalità sociale, i diritti che derivano dalle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali devono essere bilanciati con gli obiettivi perseguiti dalla politica sociale tra i quali figurano in particolare, come risulta dall’art. 151, primo comma, TFUE, la promozione dell’occu­pazione, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, che consenta la loro parificazione nel progresso, una protezione sociale adeguata, il dialogo sociale, lo sviluppo delle risorse umane atto a consentire un livello occupazionale elevato e duraturo e la lotta contro [continua ..]


4. Il problema della doppia pregiudizialità

In presenza di una disposizione che può infrangere, ad un tempo, sia le garanzie presidiate dalla Costituzione italiana, sia quelle codificate dalla Carta dei diritti del­l’Unione, si pone il problema della doppia pregiudizialità. Fino al 2017, la Consulta riteneva che, in presenza di una “doppia pregiudizialità”, la questione fosse inammissibile, considerato l’onere del giudice nazionale di rivolgersi alla Corte di Giustizia e, solo dopo avere esperito tale rimedio, al giudice delle leggi [60]. A partire dalla sentenza n. 269/2017 [61], tuttavia, tale orientamento è mutato. In questa sentenza, la Corte Costituzionale ha affermato che, nel caso in cui “la violazione di un diritto alla persona infranga, ad un tempo, sia le garanzie presidiate dalla Costituzione italiana, sia quelle codificate dalla Carta dei diritti dell’Unione”, è necessario “un intervento erga omnes di questa Corte, anche in virtù del principio che situa il sindacato accentrato di costituzionalità delle leggi a fondamento dell’ar­chitettura costituzionale”. Si tratta di un’inversione dell’ordine logico e cronologico della “doppia pregiudizialità”. La Consulta, pur non imponendo la necessità dell’inversione (la Corte giudicherà “alla luce dei parametri interni ed eventualmente di quelli europei secondo l’ord­ine di volta in volta appropriato”), lascia intendere che la questione di legittimità costituzionale sarà ordinariamente trattata per prima, lasciando la pregiudiziale comunitaria in posizione temporalmente successiva ed eventuale. La sentenza ha suscitato un acceso dibattito in dottrina [62], trovando un riscontro (diversificato) in sede di giudizi di legittimità [63]. Sulla questione sono intervenute due sentenze della Corte Costituzionale (le sentenze nn. 20 e 63/2019) e l’ordinanza 10 maggio 2019, n. 117 [64] dove la Corte “riassume” il suo pensiero. Nell’ordinanza si legge che resta fermo “che i giudici comuni possono sottoporre alla Corte di Giustizia europea, sulla medesima disciplina, qualsiasi questione pregiudiziale a loro avviso necessaria [65] anche al termine del procedimento incidentale di legittimità costituzionale; e fermo restando, altresì, il loro [continua ..]


NOTE