Massimario di Giurisprudenza del LavoroISSN 0025-4959
G. Giappichelli Editore

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Codatorialità tipica e atipica nel rapporto di lavoro (di Paolo Pizzuti, Professore Associato di Diritto del lavoro – Università degli Studi del Molise.)


Il saggio si occupa di analizzare le forme di codatorialità presenti nell’ordinamento giuridico italiano, distinguendo in particolare tra un’ipotesi tipica, prevista nell’ambito della disciplina del contratto di rete, ed un’ipotesi atipica, fondata invece sui princìpi generali. Tramite l’analisi dei diversi orientamenti presenti in dottrina, e delle posizioni assunte dalla giurisprudenza, il contributo propone una lettura unitaria dei modelli di codatorialità presenti all’interno del sistema.

Il presente scritto è destinato agli Studi in onore del Prof. Francesco Santoni.

The essay analyzes the different forms of “codatorialità” of the Italian juridical system, in particular distinguishing between a typical scheme provided by the discipline of “contratto di rete” and an atypical one based on general principles. Through the analysis of the several directions of doctrine and of different case law, the paper brings a unitary interpretation of the models within our system.

Keywords: Co-employment – network contract – employment relationship.

SOMMARIO:

1. Premessa. Contratto di lavoro e modello “multidatoriale” - 2. La pluralità soggettiva dal lato datoriale: le teorie della codatorialità - 3. La configurabilità della codatorialità dentro e fuori i gruppi di imprese - 4. Struttura ed effetti del rapporto codatoriale - 5. La condivisione del rapporto di lavoro nel contratto di rete: la codatorialità tipica - 6. Conclusioni. L’unitarietà strutturale dei modelli di codatorialità - NOTE


1. Premessa. Contratto di lavoro e modello “multidatoriale”

Il contratto di lavoro subordinato, secondo l’opinione largamente condivisa in dot­trina, è tradizionalmente costruito sul modello della relazione bilaterale tra il lavoratore ed un solo datore di lavoro [1]. Il sistema produttivo classico, dominante per tutto il secolo scorso, ha infatti favorito lo sviluppo di organizzazioni lavorative coese ed omogenee, costruite in maniera gerarchica all’interno della medesima struttura facente capo ad un solo soggetto imprenditoriale [2]. Questo modello, però, è entrato progressivamente in crisi [3]: da un lato, infatti, l’in­novazione tecnologica e organizzativa ha reso possibili variazioni strutturali rilevanti rispetto al sistema verticale e monolitico dell’impresa tradizionale [4]; dall’altro lato, la difficile congiuntura economica internazionale ha spinto molte realtà imprenditoriali, anche solide e di rilevanti dimensioni, ad avvalersi di tali novità tecnologiche per ridimensionare gli ingenti costi di produzione e restare competitive sul mercato, favorendo così forme di segmentazione dei processi produttivi [5]. Ad un modello organizzativo unitario, dunque, si è col tempo sostituito un modello frammentario e “multidatoriale”, caratterizzato da processi produttivi non più contenuti entro il perimetro di una sola impresa [6]. Con particolare riferimento ai rapporti di lavoro, la varietà delle tecniche utilizzate rende difficile effettuare una classificazione dettagliata di tutte le situazioni nelle quali si realizza il regime di multidatorialità [7]. Cionondimeno, alcune macro-distin­zioni sembrano possibili, seguendo, in particolare, il filo conduttore costituito dal gra­do di influenza che il modello imprenditoriale complesso esercita sui singoli contratti individuali di lavoro. In un primo gruppo possono essere inserite tutte quelle situazioni che prevedono un “contatto” tra organizzazioni imprenditoriali differenti, consistente in una cooperazione di tipo produttivo/organizzativo oggetto di uno specifico accordo commercia­le (si pensi, ad es. all’appalto, alla subfornitura, al franchising, ecc.), senza però che si verifichi una vera e propria condivisione del contratto di lavoro. In questi casi, il lavoratore è a disposizione di un solo datore di lavoro, titolare del [continua ..]


2. La pluralità soggettiva dal lato datoriale: le teorie della codatorialità

La codatorialità è presente nel dibattito giuslavoristico da diverso tempo, in particolare grazie a quella dottrina che per prima si è interrogata sui problemi sollevati dalla soggettività giuridica dal lato datoriale e dall’organizzazione imprenditoriale nella forma del gruppo d’imprese [17]. L’assenza di una definizione legale dell’istituto ha favorito lo sviluppo di varie teorie, tra le quali si possono riconoscere, in linea di massima, due visioni differenti della codatorialità. Un primo orientamento accoglie una nozione “forte” o “prescrittiva” di codatorialità, ammettendo la possibilità di un uso promiscuo e cumulativo di un lavoratore da parte di più datori, con la conseguente contitolarità effettiva del rapporto di lavoro; un’altra impostazione, invece, intende la codatorialità in senso “debole” o “descrittivo”, cioè non come un’ipotesi di effettiva contitolarità del rapporto di lavoro, bensì come un’ipotesi di diversa strutturazione o organizzazione delle prerogative datoriali [18]. All’interno del primo orientamento va annoverata l’articolata costruzione teorica proposta da chi, partendo dall’affermazione dell’assenza di ostacoli logici e giuridici alla configurazione di un contratto di lavoro cointestato a più imprenditori, individua l’istituto in esame al ricorrere di tre essenziali requisiti: la presenza di un’atti­vità lavorativa prestata da un solo lavoratore; l’assoggettamento di questa prestazione all’etero-direzione di più datori (nel senso che si preciserà tra poco); l’attitu­dine dell’attività prestata a soddisfare, contemporaneamente ed indistintamente, gli interessi di tutti questi datori [19]. Tali elementi ricorrerebbero, secondo alcuni, non solo nelle ipotesi in cui il potere direttivo si manifesta in maniera tradizionale, cioè tramite ordini e direttive impartite indifferentemente dai soggetti codatori, bensì anche nei casi di stretta integrazione organizzativa tra soggetti imprenditoriali differenti non accompagnata dall’esercizio delle tipiche prerogative datoriali [20]. L’assenza della clas­sica etero-direzione, infatti, sarebbe compensata dal ricorrere del [continua ..]


3. La configurabilità della codatorialità dentro e fuori i gruppi di imprese

Come si è detto nel precedente paragrafo, le principali critiche mosse all’idea di una codatorialità “forte” si fondano sulla presunta natura bilaterale del contratto subordinato, nonché sul carattere qualificante e selettivo del potere direttivo, che non potrebbe essere suddiviso tra più soggetti contemporaneamente titolari del rapporto di lavoro. Tali argomenti, certamente pregnanti e autorevolmente sostenuti, non sembrano però insuperabili. Con riferimento alla necessaria unicità del datore nel contratto di lavoro subordinato, non vi è in realtà nel nostro ordinamento alcuna indicazione nor­mativa in tal senso, né le regole civilistiche che presidiano il funzionamento delle obbligazioni in generale pongono ostacoli formali ad una pluralità soggettiva dal lato datoriale. La bilateralità, dunque, può senz’altro essere intesa come paradigma classico del rapporto di lavoro subordinato, ma, come evidenziato in dottrina, l’art. 2094 c.c. non esclude la possibilità di un unico contratto di lavoro con diversi imprenditori [33]. D’altro canto, l’accertamento della codatorialità può avvenire proprio utilizzando il principio di effettività che tradizionalmente governa il processo di qualificazione del rapporto di lavoro [34], e, in particolare, basandosi sulla titolarità del potere direttivo, organizzativo e di controllo [35]. Si è visto infatti in precedenza come in ogni ipotesi di multidatorialità l’attività svolta dal lavoratore possa soddisfare l’interesse di diversi imprenditori: è naturale, ad esempio, che nell’appalto o nel distacco il dipendente dell’appaltatore o del distaccante apporti direttamente o indirettamente utilità anche al committente ed al­l’impresa distaccataria, così come avviene nell’ipotesi della codatorialità. Tuttavia, ciò che qualifica giuridicamente la codatorialità non è tanto la presenza di un interesse comune o del collegamento tra le imprese, bensì il fatto che il potere direttivo (e le altre prerogative datoriali) sia esercitato contestualmente da una pluralità di soggetti [36]. Ovviamente anche nella codatorialità la presenza dell’interesse comune fa si che la prestazione di lavoro [continua ..]


4. Struttura ed effetti del rapporto codatoriale

Dalla contitolarità del rapporto di lavoro tra più imprese sorgono alcune rilevanti questioni teoriche circa la configurazione giuridica della posizione debitoria e creditoria delle parti. La dottrina che accoglie la tesi della configurabilità di una codatorialità prescrittiva è allineata con la giurisprudenza nel sostenere che il rapporto fon­damentale nascente dal contratto di lavoro non muta per la presenza di più datori, restando quindi invariati gli obblighi principali scaturenti dallo stesso (retribuzione e prestazione di lavoro) [49]. La presenza di una pluralità di datori, però, “complica” la situazione, determinando il sorgere di obbligazioni soggettivamente complesse, e in particolare, di obbligazioni solidali dal lato passivo e da quello attivo (ex art. 1292 ss. c.c.) [50]. I requisiti essenziali di questo tipo di relazione obbligatoria sono notoriamente di tre tipi: la presenza di una pluralità di soggetti debitori o creditori; la sussistenza di una medesima fonte o titolo dell’obbligazione (eadem causa obligandi); l’individuabilità di una identica ed inscindibile prestazione come oggetto delle obbligazioni (eadem res debita). Ora, sulla sussistenza del primo requisito vi sono pochi dubbi (non potrebbe, diversamente, parlarsi di codatorialità), mentre bisogna valutare l’effettivo ricorrere degli altri due elementi. Quanto al titolo (la eadem causa obligandi) nella codatorialità il fatto che genera le reciproche obbligazioni è unitario e consiste nella costituzione di un rapporto di lavoro subordinato con il medesimo lavoratore e per lo svolgimento di una certa mansione, come detto da rendersi contemporaneamente ed indistintamente nell’interesse di tutti i codatori. Gli obblighi, dunque, non sorgono in maniera distinta ed autonoma, bensì sono generati da una medesima fonte che è il vincolo di lavoro. Per quanto riguarda invece le prestazioni, l’obbligo retributivo è certamente identico nell’obbligazione solidale in capo ai diversi codatori/condebitori: questi ultimi, infatti, sono tutti tenuti al medesimo adempimento, in grado di soddisfare l’interesse unitario del lavoratore/creditore; d’altro canto, l’identità sussiste anche per l’obbli­gazione di lavorare, atteso che, come detto, nel [continua ..]


5. La condivisione del rapporto di lavoro nel contratto di rete: la codatorialità tipica

Come si è visto, il nostro ordinamento prevede espressamente l’ipotesi della codatorialità nell’ambito delle regole che disciplinano l’organizzazione imprenditoriale di rete. In particolare, l’art. 30, comma 4 ter, d.lgs. n. 276/2003, ammette che le imprese in rete possano ricorrere alla «codatorialità dei dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto di rete» [60]. Si tratta, com’è noto, di un contratto caratterizzato dalla presenza di una progettualità comune, di un interesse condiviso dei partecipanti, che costituisce insieme ra­gione di esistenza e modello di sviluppo della rete, la quale risulta strettamente collegata al contratto commerciale che vincola i datori di lavoro [61]. Due sono gli elementi della fattispecie in esame che, pur nella scarna formulazione normativa, assumono particolare rilievo: da un lato, il fatto che la codatorialità debba essere necessariamente attivata all’interno di una relazione contrattuale di rete; dall’altro lato, la possibilità per le imprese di avvalersi di apposite “regole d’ingag­gio”, negoziate dalle parti del contratto. Muovendo da tali indicazioni, la dottrina ha avanzato almeno tre proposte di inquadramento della figura di codatorialità introdotta dal legislatore nel 2013. In base ad un primo indirizzo [62], la codatorialità tipica sarebbe costituita da tanti rapporti obbligatori quanti sono i retisti che esercitano i poteri datoriali sul lavoratore. Qui non si avrebbe una contitolarità effettiva del rapporto, che resterebbe dunque imputato al datore di lavoro originario, cioè a quello che ha effettuato l’assunzione. Si realizzerebbe, invece, una scissione dei poteri datoriali tra più soggetti, tutti appartenenti alla rete, i quali potranno utilizzare la risorsa di lavoro nell’ambito del programma comune. Al contratto di lavoro principale, dunque, si affiancherebbero tanti rapporti obbligatori accessori, in collegamento con il primo grazie al presupposto dell’esistenza di un contratto di rete che disciplina le regole della codatorialità. Tale impostazione, inoltre, trae supporto dall’istituto della assunzione congiunta nel settore agricolo, prevista dall’art. 31, comma 3 bis e 3 ter del d.lgs. n. 276/2003, che autorizza le [continua ..]


6. Conclusioni. L’unitarietà strutturale dei modelli di codatorialità

Alla luce delle considerazioni appena svolte sull’inquadramento ed il funzionamento della codatorialità tipica, si deve concludere per la sostanziale riconducibilità di tale ipotesi al medesimo modello strutturale della codatorialità atipica: quella, cioè, di una obbligazione soggettivamente complessa, regolata dalle norme sulle obbligazioni solidali, sia dal lato passivo che attivo. Del resto, ne ricorrono tutti i presupposti, almeno per quanto riguarda le due obbligazioni principali, ossia quella alla retribuzione e quella alla prestazione di lavoro. Con riferimento alla prima, l’integrazione dello schema delle obbligazioni solidali è garantita dalla presenza di una pluralità di debitori da una stessa parte del rapporto, ossia i retisti codatori di lavoro; dall’eadem causa obligandi, cioè l’unitarietà del titolo dell’obbligazione; e, infine, dall’eadem res debita, ossia la sostanziale uni­cità della prestazione dovuta dai codatori della rete (la retribuzione). Con riferimento all’obbligazione di lavorare, poi, l’applicazione del modello in analisi è garantita dal fatto che la prestazione dovuta dal dipendente è un’obbligazione indivisibile, categoria cui si applica, ex art. 1317 c.c., la disciplina delle obbligazioni solidali. Del re­sto, i codatori non chiedono al lavoratore di suddividere tra di loro l’attività dedotta nel contratto di lavoro individuale, bensì di svolgere l’unica ed inscindibile mansione nell’interesse di tutti. Il rapporto di lavoro, dunque, resta unico, ma viene ascritto, dal lato datoriale, in capo a più soggetti giuridici formalmente distinti: ciascuno di loro è tenuto all’intero (la retribuzione), potendo tutti indifferentemente ricevere la prestazione (il lavoro) e liberare così integralmente l’obbligato (il lavoratore). Resta da chiedersi perché, se le figure di codatorialità tipica ed atipica rispondono al medesimo modello strutturale, il legislatore abbia inteso formalizzare per la pri­ma volta questo istituto nell’ambito di norme dedicate all’ipotesi specifiche delle imprese in rete. Fondandosi su tale aspetto, infatti, una parte della dottrina è giunta ad escludere sia l’assimilabilità delle due forme di [continua ..]


NOTE
Fascicolo 4 - 2019