Massimario di Giurisprudenza del LavoroISSN 0025-4959
G. Giappichelli Editore

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Il carattere dirimente dell'etero organizzazione ai fini dell'accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro dei riders (di Annachiara Lanzara, PhD Student in “Diritto e Impresa” – Università degli Studi di Roma “Luiss G. Carli”)


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Tribunale Torino, Sez. lav., 18 novembre 2021 – Rel. Audisio

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Il disposto di cui all’art. 2094 c.c., al fine di poter essere applicato alle innovative modalità di svolgimento dell’attività lavorativa delineate dall’evoluzione tecnologica, necessita di essere interpretato in chiave evolutiva, considerate le conseguenze che il processo tecnologico ha portato, quali la disgregazione del posto di lavoro e dei suoi luoghi fisici, che rendono inevitabile un processo di “ammodernamento” della nozione di subordinazione.

Al di là dell’apparente libertà dei riders di scegliere i tempi di lavoro e di decidere se rendere o meno la prestazione, l’organizzazione del lavoro svolta in modo esclusivo dal datore di lavoro sulla piattaforma digitale nella propria disponibilità si è tradotta, oltre che nell’integrazione del presupposto della etero-organizzazione, anche nella messa a disposizione del datore di lavoro da parte del lavoratore delle proprie energie lavorative per consistenti periodi temporali (peraltro non retribuiti) e nell’esercizio da parte della convenuta di poteri di direzione e controllo, oltre che di natura latamente disciplinare, tutti indici, questi, che costituiscono elementi costitutivi della fattispecie del lavoro subordinato ex art. 2094 c.c.

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SOMMARIO:

1. Premessa - 2. L’accertamento giudiziale a monte della qualificazione del rapporto di lavoro dei riders nell’alveo della subordinazione - 3. Considerazioni conclusive - NOTE


1. Premessa

La pronuncia oggetto del presente commento affronta la rilevante, nonché fortemente attuale, tematica giuridica, oramai da qualche tempo al continuo vaglio della Giurisprudenza di merito, concernente l’accertamento della natura subordinata – o meno – del rapporto di lavoro dei cc.dd. riders, stante l’assoluto rilievo che la soluzione di tale quaestio iuris implica ai fini dell’applicabilità dello statuto protettivo del lavoro dipendente in favore di tali prestatori che operano mediante piattaforme digitali [1]. Nel dettaglio, nel caso in esame, la vicenda trae origine dalle censure mosse da alcuni riders nei confronti delle società Uber Eats e Flash Road City, si seguito breviter FRC, mediante le quali i ciclofattorini chiedevano di accertare che il reale beneficiario della prestazione dai medesimi svolta, in adempimento delle obbligazioni dedotte in contratto ex art. 2222 c.c., fosse Uber e non la firmataria FRC, e, pertanto, che la situazione giuridica determinatasi per effetto dell’esecuzione degli stessi, configurasse in realtà un’ipotesi di intermediazione illecita di manodopera. In relazione a ciò, adducevano peraltro che la società Uber, oltre a beneficiare della prestazione, esercitasse nei loro confronti i poteri propri del privato datore di lavoro e, in particolar modo, quello disciplinare e quello organizzativo, da cui incontrovertibilmente sarebbe dovuta derivare la qualificazione del rapporto come subordinato, o al limite come collaborazione autonoma eterorganizzata ex art. 2, d.lgs. n. 81/2015, imputabile alla Società Uber, così come richiesto dagli istanti in via subordinata. A sostegno delle richieste avanzate in giudizio, i riders ricorrenti riportavano una serie di elementi fattuali dai quali si sarebbe ben facilmente potuta evincere la natura subordinata del rapporto di lavoro dai medesimi prestato. In particolare, adducevano che il colloquio lavorativo svolto in origine veniva condotto dalla stessa società Uber Eats, la quale – anche servendosi dei canali web e social – palesava la propria intenzione di “procacciare” nuovi fattorini; che, a seguito della selezione condotta, i fattorini selezionati da Uber stipulavano contratti ex art 2222 c.c. con FRC; ed ancora, che quest’ultima comunicava ai propri lavoratori che l’attività di consegna sarebbe stata svolta in favore della [continua ..]


2. L’accertamento giudiziale a monte della qualificazione del rapporto di lavoro dei riders nell’alveo della subordinazione

La vicenda oggetto della pronuncia in commento è, come accennato, particolarmente interessante ai fini dello studio e della disamina di svariate questioni giuridiche fortemente attuali. Nello specifico, la sentenza de qua permette di riflettere attorno al ruolo del­l’eterodirezione, quale fattore scriminante ai fini della sussunzione del rapporto di lavoro dei riders nell’alveo dell’autonomia o della subordinazione [2], oltre che della configurazione che in concreto assumono le “sanzioni” della sospensione e della sospensione temporanea dell’account, comminate dalla società gestrice dell’appli­cativo nei confronti dei ciclofattorini che non osservano gli standard delineati dalla società cui è imputabile l’organizzazione del servizio. Ebbene, nella pronuncia in commento, il Giudice adito, dopo aver condotto gli opportuni accertamenti, si pronuncia in accoglimento della domanda volta ad accettare che tra i riders e la società Uber si fosse instaurato un rapporto di lavoro subordinato, avendo i primi svolto la mansione di ciclo fattorini di cui al VI livello del CCNL terziario e distribuzione servizi, per cui la società veniva condannata alla corresponsione delle differenze retributive e favore dei primi in ragione della riqualificazione condotta. In via del tutto parentetica e per soli fini di mero approfondimento, pare oltremodo interessante riflettere sul fatto che il Giudice adito, nel pronunciarsi sulla vicenda de qua, seppur in accoglimento della domanda anzidetta, rigetta le ulteriori domande, tra cui, in primis, quella concernente l’eccezione di decadenza formulata dalla stessa società Uber ai sensi dell’art. 32, comma 4, lett. d), legge n. 183/2010, rilevando la mancata sussistenza di alcun onere di impugnazione stragiudiziale nei 60 giorni dalla disconnessione della piattaforma, dal momento in cui, secondo l’interpretazione fornita dal giudice adito, la disconnessione non sarebbe ex se equiparabile ad un atto scritto interruttivo del rapporto, presupponendo il comma 4 lett. d) della norma succitata che, a monte, il datore di lavoro abbia posto in essere un atto di recesso in forma scritta [3]. Come noto, infatti, il termine di 60 giorni per impugnare e domandare che il rapporto lavorativo possa essere imputato ad un soggetto diverso, decorre dal momento in cui il recesso stesso viene comunicato, cosa che non si era [continua ..]


3. Considerazioni conclusive

In conclusione, è interessante osservare come la sentenza in commento si ponga nel solco di quelle pronunce che stanno indicendo, plasmandone costantemente la disciplina applicabile, sull’innovativo rapporto di lavoro dei c.d. riders, nato per effetto dello sviluppo dell’oramai ben conosciuto mondo della Gig economy, pin ragione dell’avvento del fenomeno dell’Industria 4.0, che ha portato digitalizzazione e innovazione in innumerevoli contesti lavorativi, determinando una vera e propria rivoluzione in tal senso [9]. Nello specifico, nella sentenza in commento, il Giudice adito si pronuncia proprio sulla natura del rapporto di tale peculiare categoria di lavoratori, sancendone il carattere decisamente subordinato, stante il rinvenuto esercizio del potere disciplinare, nonché per l’evidenza con cui era stato dimostrato che l’eterodirezione avesse caratterizzato il rapporto de quo. In ragione di tali considerazioni, il giudice riteneva che tutti gli elementi addotti permettessero la piena sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta di cui all’art. 2094 c.c., nozione questa che, secondo quanto stabilito dal giudice stesso, rebus sic stantibus, necessita di essere reinterpretata alla luce delle nuove forme di lavoro createsi nella c.d. Gig economy. Invero, ciò su cui pare doveroso riservare particolare attenzione è l’aspetto, più volte ribadito dal giudice estensore, per cui l’eterorganizzazione non rappresenta, in realtà, un fattore dal quale si possa far discendere de plano la natura autonoma del rapporto, che costituisce poi il passaggio logico giuridico dal quale il giudice muove per riconoscere la natura subordinata del rapporto in questione. Come noto, alla luce dei precedenti della giurisprudenza comunitaria, l’eteror­ganizzazione è fattore indicativo di subordinazione e non di autonomia [10], cui accosta, quale fattore indicativo della assenza di autonomia il rischio di impresa, integralmente a carico del committente. Ciò posto, pur essendo già di per sé rilevante che i ciclofattorini senza le piattaforme e le app non sarebbero in grado di fornire alcun servizio sul mercato, ad ulteriore riprova del fatto che il rapporto avrebbe dovuto fin dall’origine essere qualificato come subordinato, vi è l’ulteriore dato per cui palesemente nel caso di specie, anche il secondo indice, [continua ..]


NOTE